1. la fase del rispecchiamento della realtà. Dall'invenzione del cinematografo alla fine del XIX sec. Sono i primi anni di diffusione dei film della durata di un minuto dei fratelli Lumiere. Il loro cinema mostra la vita di tutti i giorni e già questa semplice riproduzione provocava meraviglia nel pubblico;
2. la fase teatrale. Fino alla Prima Guerra Mondiale. Il cinema diventa narrazione, ma il linguaggio è ancora ancorato ad una visione teatrale: i film accadono davanti alla camera come sul palcoscenico. Il montaggio si limita a unire le scene;
3. la definizione di un linguaggio. Fino agli anni '50. Il cinema di Hollywood con le sue esigenze di chiarezza espositiva da un lato e le avanguardie europee (soprattutto tedesche e sovietiche) con le sperimentazioni sull'illuminazione, i movimenti di camera e il montaggio dall'altro, definiscono i canoni di un linguaggio che sarebbe rimasto invariato per decenni;
4. le innovazioni degli anni '60. Una serie di movimenti soprattutto europei mettono in discussione il linguaggio cinematografico sul piano narrativo, della fotografia, del montaggio. Da questo decennio, e con vigore rinnovato negli anni '90, verrà utilizzato un linguaggio più libero per i film d'autore, mentre il cinema commerciale rimarrà ancorato ad un linguaggio più classico.
5. l’ibridazione. A partire dagli anni ’90. Internet e l’abbassamento dei costi da un lato e il moltiplicarsi dell’offerta televisiva dall’altra, permettono a molteplici soggetti di praticare il linguaggio cinetelevisivo. Ciò porta ad una reciproca contaminazione anche di linguaggi tra ambiti diversi: pubblicità, videoclip, videogiochi e video amatoriali condividono sempre più modalità linguistiche con il cinema e la tv. Le potenzialità del digitale offrono inoltre nuovi strumenti alla creatività dei comunicatori.