La fine della guerra fredda, con il crollo dell'URSS e la stanchezza nei confronti di 12 anni di governo conservatore, portò alla crescita del desiderio di cambiamento di cui fu un segnale l'elezione a presidente di Bill Clinton. Molti dei giovani contestatori degli anni '60 e '70 erano diventati nei '90 intellettuali, professori universitari, artisti, politici, mantenendo idee progressiste; e la generazione che era loro figlia, e che aveva raggiunto la giovinezza negli anni '90, in qualche modo risentiva di questa influenza parentale. L'incontro tra questi due soggetti produsse un secco aumento dell'interesse collettivo per i temi dell'ecologia, del pacifismo, delle discriminazioni etniche e sessuali, del Terzo Mondo e la diffidenza nei confronti delle multinazionali (ritenute responsabili della gran parte delle ferite dell'umanità e del pianeta), del consumismo e della tv. Il tutto si legava al senso di libertà che la diffusione della Rete (ancora non monopolizzata da nuove multinazionali) permetteva, fornendo all'informazione e alla comunicazione alternativa un'intensità e un'estensione senza precedenti. Questa nuova atmosfera non è paragonabile per radicalità e profondità a quella del periodo 1965-1975, ma avrebbe comunque dato vita alla fine del decennio ad un importante movimento di contestazione, chiamato "no global". Hollywood seppe cogliere più prontamente degli anni Sessanta le esigenze di questo pubblico impegnato (dato che comunque ne poteva ricavare un profitto) da una parte distribuendo film di produzione indipendente e dall'altra, a beneficio degli spettatori più tradizionali, continuando con la politica dei blockbuster. Persino Steven Spielberg ricominciò a realizzare film impegnati, seppur con una impostazione commerciale (Schindler's List, 1993; Amistad, 1997). Sorsero una serie di case di produzione indipendenti (indies) che spesso promossero film avanzati sia sul piano formale che contenutistico. Tra queste: Miramax (fondata nel 1979 ma ebbe successo nel corso degli anni '90), Lions Gate Entertainment (fondata nel 1995), New Line Cinema (fondata nel 1967, ma produsse a partire dalla fine degli '80), DreamWorks SKG (fondata nel 1994) e Pixar animation che cominciò a produrre innovativi film d'animazione in 3D dal 1995 (con Toy Story). Si fondarono o vennero rilanciati festival che valorizzavano il cinema indipendente costituendo una valida alternativa al rito degli Oscar: il Sundance Film Festival (diretto dall'attore della New Hollywood Robert Redford) e l'Independent Spirit Awards.
Nel corso degli anni '90 continuò il processo di concentrazione massmediale delle majors che era cominciato negli anni '80 fino alla costituzione di sei enormi congloberati, denominati big six.
La Warner Bros. Dal 1989 è parte del gruppo mediatico Time Warner che possiede i servizi internet AOL, 130 riviste tra cui Time, la tv HBO, una serie di tv via cavo tra cui la CNN, Cartoon Networks, DC Comics Warner e uno dei 4 giganti musicali: Warner Music Group.
La Paramount Pictures. Dal 1993 è parte della Viacom, una multinazionale controllata da Sumner Murray Redstone attraverso la catena National Amusements (che possiede 1500 schermi) e che possiede tra gli altri la MTV, il canale tv via cavo BET e la CBS, una delle tre network tv USA.
La Columbia Pictures. Dal 1989 è proprietà del gigante dell'elettronica e del gioco Sony (dopo essere stata comprata dalla Coca Cola nel 1982) che possiede anche una delle big four della musica: Sony Music Entertainment. Suo il marchio TriStar Pictures.
La 20th Century-Fox. Dal 1985 proprietà della News Corporation di Rupert Murdoch che possiede centiaia di quotidiani e riviste tra cui The Times, The Wall Street Journal, e poi MySpace, varie tv via cavo tra cui Sky e National Geographic, la Fox Broadcasting Company (quarto network tv).
La Universal Studios. Già parte della francese Vivendi (che possiede ancora il 20%) dal 2004 è proprietà della General Electric, gigante economico in molti campi. Dello stesso gruppo anche la NBC (uno dei tre grandi network tv USA), molte tv via cavo, della Universal Music Group (ex MCA, una delle Big Four della musica) e la grande tv via cavo USA Network.
The Walt Disney Company Touchstone Pictures. Possiede anche la Miramax, la ABC (uno dei tre grandi network tv), la grande tv via cavo ESPN, Disney Channel, Pixar.
Nel corso degli anni '90 trovarono di nuovo spazio, come nel periodo 1965-1975, autori che agivano fuori dalle direttive delle majors, con propri riconoscibili stili e un forte controllo sul film. Rispetto agli autori degli anni '60 e '70 vi era una minore adesione alla realtà e un maggior disincanto, ma forse un superiore coraggio sul piano della ricerca formale. Negli anni '90, inoltre, i vecchi autori che erano rimasti fedeli allo spirito della New Hollywood, trovarono pubblico e sostegno per le proprie opere, tra questi: Woody Allen, Robert Altman, Martin Scorsese, Terrence Malick. Salirono alla ribalta sia come tematiche che come registi e attori quei settori sociali tradizionalmenti esclusi dal cinema USA, e non valorizzati appieno nemmeno nel periodo '65-'75: le donne, i neri, i latinos, gli omosessuali. Film con investimenti minimi divennero successi con il semplice passaparola o con un'abile strategia basata sulla Rete (The Blair Witch Project, r. di Daniel Myrick e Eduardo Sanchez, 1999; Clerks, r. di Kevin Smith, 1994). Trovarono spazio tematiche apertamente politiche come quelle sulla pena di morte (Dead Man Walking, r. di di Tim Robbins, 1995), sulla corruzione politica (Bulworth, 1998, r. di Warren Beatty l'attore della New Hollywood che aveva realizzato nel 1981 il coraggioso Reds sui primi comunisti statunitensi), sull'adolescenza (Fuga dalla scuola media, Welcome to the Dollhouse, r. di Todd Solondz, 1995), sulla crisi della famiglia (Happiness, r. di Todd Solondz, 1998; American Beauty, r. di Sam Mendes, 1999), le relazioni di coppia (Sesso, bugie e videotape (sex, lies, and videotape, r. di Steven Soderbergh, 1989), sul potere alienante della tv (The Truman Show, r. di Peter Weir, 1998), sul razzismo (American History X, r. di Tony Kaye, 1998), sulle peculiarità dell'appartenenza etnica (The Brothers McMullen, r. di Edward Burns, 1995). Gli attori che emersero nel periodo avevano in comune straordinarie capacità recitative e non sempre e non solo attrattive fisiche. Tra questi: Tom Hanks, Meg Ryan, Nicole Kidman, Jodie Foster, Tim Robbins, Jim Carrey, Winona Ryder, Tommy Lee Jones, Robin Williams, Michelle Pfeiffer, Billy Crystal, Leonardo DiCaprio, Nicolas Cage, Keanu Reeves, Will Smith, Denzel Washington, Johnny Depp, Matt Damon, Kevin Spacey, Gwyneth Paltrow, Kate Winslet, Daniel Day-Lewis, Edward Norton, Juliette Lewis. Molti di loro inoltre erano impegnati politicamente e in questo periodo per gli attori USA divenne quasi un obbligo prendere posizione su temi sociali e politici.
Negli anni '90 emersero autori, come del decennio '65-'75, con uno stile riconoscibile e un certo controllo sull'intero processo realizzativo, anche se non tutti seppero mantenere una certa continuità nel tempo.
GUS VAN SANT, autore dichiaratamente gay (molti dei suoi film propongono temi o personaggi gay). I suoi film sono spesso fondati su giovani emarginati: Drugstore Cowboy (1989), Belli e dannati (My Own Private Idaho, 1991), Will Hunting - Genio ribelle (Good Will Hunting, 1997). Il suo miglior film, formalmente innovativo, è Elephant (2003).
JIM JARMUSCH ebbe successo in Europa grazie a Stranger Than Paradise (1984) e Down By Law (1986), con Benigni film su personaggi disadattati. Si è mantenuto fedele alla sua poetica riprendendo un'America ostile e omogenea con Dead Man (1995), Coffee and Cigarettes (2003), Broken Flowers (2005).
ABEL FERRARA, regista dai film cupi di tradimento e violenza con ambientazioni notturne e inquietanti: Il cattivo tenente (Bad Lieutenant, 1992), The Addiction (1995).
DAVID LYNCH, regista dallo stile narrativo onirico, spesso con contenuti crudi che vogliono indagare il lato oscuro di ciò che sembra all'apparenza normale. Cominciò con Eraserhead - La mente che cancella (1977) e The Elephant Man (1980), ma raggiunse la fama con una serie tv: Twin Peaks (1990-1991), tra le migliori fiction tv mai realizzate. Altri film: Cuore selvaggio (Wild at Heart, 1990).
TIM BURTON raggiunge il successo nel 1989 con un film commericale (Batman) e realizza poi film più personali dove personaggi bizzarri e fuori dalle regole costruiscono la propria rivincita in un'atmosfera favolistica. Tra questi Edward mani di forbice (Edward Scissorhands, 1990), Sleepy Hollow (1999) e Big Fish (2003).
JOEL E NATHAN COEN. I due fratelli sono forse gli autori che si sono mantenuti più coerenti, anche oltre gli anni '90, alle proprie scelte anticonformiste. I loro film attraversano vari generi con un'ironia graffiante, un po' cinica, con al centro personaggi eccentrici, ma allo stesso tipici di una certa società americana, e una costruzione drammaturgica originale e dagli incastri perfetti. Tra i migliori: Arizona Junior (Raising Arizona, 1987), Crocevia della morte (Miller's Crossing, 1990), Fargo (1996), Il grande Lebowski (The Big Lebowski) (1998), L'uomo che non c'era (The Man Who Wasn't There, 2001).
QUENTIN TARANTINO è un grande cinefilo, amante dei B-movies statunitensi, ma anche di quelli italiani, ha girato una serie di film con un uso grafico della violenza, dai dialoghi frizzanti e personaggi inverosimili ma spassosi. Guadagnò fama mondiale con Pulp Fiction (1994). Di impostazione simile: Le Iene (Reservoir Dogs, 1992) e Kill Bill (2003). Il suo film migliore comunque è Jackie Brown (1997). Gira con una compagnia indipendente costituita da lui e da altri autori: la A Band Apart.
CLINT EASTWOOD fu lanciato come attore da Sergio Leone, protagonista di alcuni suoi western spaghetti, si dette alla regia sin dagli anni '70, ma negli anni '80 il ruolo di duro che si era scelto sia come attore che come regista si esaurì e tornò alla ribalta girando un western atipico nel 1992, Gli spietati (Unforgiven). Da allora ha girato film diseguali, ma sempre ben recitati, sceglie attentamente soggetti e sceneggiatori prediligendo come protagonisti solitari antieroi. Il suo miglior film: Mystic River (2003).
Lo spazio autoriale degli anni '90 invogliò anche autori europei e asiatici a girare negli USA:
STEPHEN FREARS. Quest'ultimo ebbe successo in patria col film My Beautiful Laundrette (1985) e che fu chiamato a realizzare negli USA Le relazioni pericolose (Dangerous Liaisons, 1988). Girò poi due film scomodi su vite ai margini: Rischiose abitudini (The Grifters, 1990, per l'indipendente Cineplex Odeon Films) ed Eroe per caso (Hero, 1992). Negli anni 2000 è tornato a dirigere nel Regno Unito.
LASSE HALLSTRÖM dopo il successo europeo di La mia vita a quattro zampe (Mitt liv som hund, 1985) si trasferì negli USA a realizzare film ottimamente recitati quali Buon compleanno Mr.Grape (What's Eating Gilbert Grape, 1993), Le regole della casa di Sidro (The Cider House Rules, 1999) e Chocolat (2000).
ANG LEE è originario di Taiwan e costruisce film dalla perfetta drammaturgia come Pushing Hands (1992), Il banchetto di nozze (Hsi yen, 1993), Mangiare bere uomo donna (Yin shi nan nu, 1994), La tigre e il dragone (Wo hu cang long, 2000), I segreti di Brokeback Mountain (Brokeback Mountain, 2005).
Il documentario ebbe sempre vita difficile negli USA (specie da quando la tv potè coprire gli eventi in maniera molto più capillare e immediata dei cinegiornali). E' emerso solo nei periodi ('65-'75 e anni '90) in cui si formò un pubblico interessato ad una informazione. Gli esempi più notevoli degli anni '70 sono Woodstock (r. di Michael Wadleigh, 1970 sul famoso raduno giovanile del 1969) e il capolavoro di Barbara Kopple su uno sciopero di minatori: Harlan County, USA (1976). La stessa autrice ha realizzato un altro splendido documentario operaio, American Dream (1990).
Alcuni autori si sono mostrati interessati a realizzare documentari parallelamente alla fiction. Tra costoro Martin Scorsese che ha realizzato documentari-interviste su gruppi musicali (tra cui The Last Waltz, 1976). Ha anche coordinato una serie di sette documentari sulla storia del blues (The Blues, 2003) ognuno diretto da un regista diverso. Steven Spielberg ha prodotto una serie di interviste a sopravvissuti all'Olocausto, tra cui The Last Days (r. di James Moll, 1998). Il pubblico impegnato degli anni '90 ha mostrato grande interesse verso il documentario e questo ha consentito la realizzazione di opere notevoli. Errol Morris ha diretto The Thin Blue Line (1988) su un uomo ingiustamente condannato a morte e The Fog of War (2003). Altri documentari: Into the Arms of Strangers (r. di Mark Harris, 2000) sul trasporto di bambini nei campi di concentramento nazisti; Scottsboro: An American Tragedy su un processo razzista del 1931 (r. di Daniel Anker, 2001); The Panama Deception, una critica dell'invasione USA di Panama del 1989 (r. di Barbara Trent, 1992). Ma chi ha reso popolare il documentario a livello di massa è stato senz'altro Michael Moore grazie ad uno stile vivace, ironico, dissacratorio, vicino anche al mezzo televisivo dove pure ha operato con successo (The Awful Truth, 1999-2000). Alcuni dei suoi film (che affrontano coraggiosamente alcuni nodi della società statunitense) sono diventati successi commerciali per la prima volta nella storia del documentario: Roger & Me (1989) sui licenziamenti della GM, Bowling a Columbine (Bowling for Columbine, 2002) sull'uso delle armi, Fahrenheit 9/11 (2004) sulla politica estera USA e Sicko (2007) sui disastri della sanità privatizzata. La sua maniera di fare documentario ha fatto scuola, si veda ad esempio Super Size Me di Morgan Spurlock (2004) sul contributo di McDonald's all'obesità della popolazione USA.
Negli anni '90 non ci fu un ribaltamento interno ai generi tipico degli anni '65-'75, ma alcuni di questi vennero rivisitati.
La produzione di WESTERN dopo il '76 è crollata per non più riprendersi. Negli anni '90 comunque molti dei western che si produssero avevano il segno del decennio: Posse (r. di Mario Van Peebles, afroamericano, 1993) metteva in scena per la prima volta un gruppo di soli neri; una serie di film vedevano protagoniste delle donne (ad es. The Ballad of Little Jo, r. di Maggie Greenwald, 1993) e il western che ebbe più successo nel decennio fu Balla coi lupi (Dances with Wolves, r. di Kevin Costner, 1990) completamente dalla parte degli indiani.
Si tornò al NOIR d'autore, dove i protagonosti maschili non erano più i tipici "duri" del genere: Crocevia della morte (Miller's Crossing, 1990), L.A. Confidential (r. di Curtis Hanson, 1997), Conflitto d'interessi (The Gingerbread Man, r. di Robert Altman, 1998), Mulholland Drive (r. di David Linch, 2001), Memento (r. di Christopher Nolan, 2000).
La COMMEDIA SENTIMENTALE contò alcuni successi del periodo presentando la donna su un piano di parità rispetto all'uomo (Harry ti presento Sally, When Harry met Sally, r. di Rob Reiner, 1989; C'è posta per te, You've got mail, r. di Nora Ephron, 1998).
Il WAR fece i conti in maniera chiara con la guerra del Vietnam (Nato il 4 di luglio, Born on the Fourth of July, r. di Oliver Stone, 1989).
Si contarono numerosi THRILLER che misero in scena personaggi perdenti (Insomnia, r. di Christopher Nolan, 2002; Affliction, r. di Paul Schrader, 1998; Soldi sporchi, A Simple Plan, r. di Sam Raimi, 1998; La promessa, The Pledge, r. di Sean Penn, 2001) con finali aperti, malinconici o spiazzanti (Il talento di Mr. Ripley, The Talented Mr. Ripley, r. di Anthony Minghella, 1999) o girati in maniera particolare (Traffic, r. di Steven Soderbergh, 2000).
Alcuni vecchi generi trovarono poi dei sottogeneri o un rilancio, come la fantascienza, il thriller e il melodramma.
Generi di successo degli anni '90 furono il melodramma romantico, il cyberpunk (genere fantascientifico), il new gangster, il thriller psicologico che sono trattati all'interno delle pagine specifiche.
Del 1930 è il primo bacio omosessuale della storia del cinema: Marlene Dietrich nel film Marocco (Morocco, r. di Josef von Sternberg) bacia una donna, anche se travestita da uomo. Nel cinema degli anni Venti erano spesso rappresentate figure di omosessuali, ma dall'inizio degli anni Trenta, per decenni, il codice Hays lo impedì: si doveva alludere all'omosessualità in modo estremamente indiretto (come in Nodo alla gola, Rope, r. di Alfred Hitchcock, 1948) e in ogni caso i personaggi così caratterizzati erano sempre negativi. In grande ritardo rispetto all'Europa, solo nel 1970 si ebbe il primo film USA che trattava di omosessualità: Festa per il compleanno del caro amico Harold (The Boys in the Band, r. di William Friedkin, 1970), ma i gay vi erano visti in maniera poco favorevole. Lo stesso regista diresse Cruising nel 1980, accolto da proteste della comunità gay. Solo con gli anni '90 ci fu il clima sociale che permise l'affermarsi di una vera e propria cinematografia omosessuale con produzioni indipendenti, che prese il nome di New Queer Cinema. Questi film hanno spesso esplorato nuovi linguaggi e rivisitato i generi tradizionali, per rappresentare l'omosessualità senza nessun tabù e dando un'immagine positiva di gay e lesbiche. Mala Noche (1985) scritto e diretto da Gus Van Sant è considerato il primo film gay del cinema USA. Dello stesso autore: Belli e dannati (My Own Private Idaho, 1991). Poi: Poison (scritto e diretto da Todd Haynes, 1991), Swoon (r. di Tom Kalin, 1992), The Living End (r. di Gregg Araki, 1992), Il banchetto di nozze (The Wedding Banquet, r. Ang Lee, 1993). Presto ha preso il via anche un cinema specificatamente lesbico: Go Fish (r. di Rose Troche, 1994), Bar Girls (r. di Marita Giovanni, 1994), Due ragazze innamorate (The Incredibly True Adventure Of Two Girls In Love r. di Maria Maggenti, 1995), Ho sparato a Andy Warhol (I Shot Andy Warhol, r. di Mary Harron, 1996), Gia (r. di Michael Cristofer, 1998). I film con tematiche omosessuali sono aumentati nel corso del decennio ed anche oltre, e oggi sono un settore consolidato. Anche il cinema commerciale, oltre a rappresentare più degnamente l'omosessualità ha dedicato una serie di film alla tematica: Philadelphia (r. di Jonathan Demme, 1993), In & Out (r. di Frank Oz, 1997), Boys Don't Cry (r. di Kimberly Peirce, 1999), Chuck & Buck (r. di Miguel Arteta, 2000). Nel 2000 è stato realizzato il bellissimo documentario Paragraph 175 (r. di Rob Epstein e Jeffrey Friedman) sullo sterminio nazista degli omosessuali.
Fino agli anni '70 le donne erano rappresentate nel cinema USA in ruoli di sudditanza, dove l'unico potere che veniva loro consentito di esercitare era quello seduttivo, perché gradito al pubblico maschile. Negli anni '65-'75, veniva proposto un personaggio di donna più disinibito sul piano dei comportamenti sessuali, ma comunque privo di una propria autonomia. Con la regressione degli anni '80 si assistette addiruttura al ritorno della donna diabolica (come in Attrazione fatale, Fatal Attraction, r. di Adrian Lyne, 1987). Gli anni '90 invece hanno segnato per la prima volta un accesso significativo di donne alla regia, e la diffusione senza precedenti di film con protagoniste figure femminili realistiche. La regista più conosciuta è la neozelandese Jane Campion che dopo il film Un angelo alla mia tavola (An Angel at My Table, 1990) si è vista produrre i film da Hollywood, tra cui Lezioni di piano (The Piano, 1993); anche Sofia Coppola mette in scena delicati ritratti femminili, come in Lost in Translation (2003); Nora Ephron ha sceneggiato e/o diretto diverse commedie romantiche con un ruolo non subordinato della donna come Harry ti presento Sally (When Harry Met Sally..., 1989) e Insonnia d'amore (Sleepless in Seattle, 1993); Kathryn Bigelow invece dirige film di genere come Point Break (1991) e Strange Days (1995). Uscirono film femministi che valorizzavano le relazioni tra donne e dove gli uomini favevano magre figure ebbero: Pomodori verdi fritti alla fermata del treno (Fried Green Tomatoes at the Whistle Stop Cafe, r. di Jon Avnet, dal romanzo di Fannie Flagg, che ha anche scritto la sceneggiatura, 1991) e Il circolo della fortuna e della felicità (The Joy Luck Club, r. di Wayne Wang, 1993, tratto dall'omonimo romanzo di Amy Tan). Nel decennio ebbero successo anche film diretti da uomini, ma con protagoniste donne coraggiose in lotta contro l'universo maschile: Thelma e Louise (r. di Ridley Scott, con la sceneggiatura di Callie Khouri, 1991) ed Erin Brockovich (r. di Steven Soderbergh, 2000), Ghost World (r. di Terry Zwigoff, 2001) che parla dell'amicizia di due ragazze, Ragazze vincenti (A League of Their Own, r. di Penny Marshall, 1992), Frida (r. di Julie Taymor, 2002) sulla pittrice messicana Kahlo. L'indiana Mira Nair dopo il successo di Salaam Bombay! (1988), ha girato negli USA, tra gli altri, Mississippi Masala (1991) e Monsoon Wedding (2001).
Negli anni '90 si rafforzò un movimento sociale che partiva dalla constatazione che il razzismo persisteva nonostante le leggi segregazioniste fossero state abrogate con le lotte degli anni '50-'60. Nei fatti i neri erano ghettizzati, riempivano le prigioni, avevano i peggiori impieghi. Questa rabbia esplose nel 1992 con i riots di Los Angeles, repressi dalla polizia con decine di morti. Negli anni '90 una nuova e colta classe media nera chiedeva un cambiamento che fosse anche culturale nella rappresentazione della diversità. Questa atmosfera si riflesse nel cinema con l'affermarsi di una generazione di autori di colore. Quello più conosciuto è senz'altro Spike Lee. Ha fondato una sua casa di produzione la 40 Acres & A Mule Filmworks. I suoi film descrivono la realtà dei neri delle varie classi sociali: Lola Darling (She's Gotta Have It, 1986), Aule turbolente (School Daze, 1988), Fa' la cosa giusta (Do the Right Thing, 1989), Mo' Better Blues (1990), Jungle Fever (1991), Malcolm X (1992). I suoi film successivi sono diseguali e alcuni di impianto assai commerciale. Altri autori: John Singleton (Boyz n the Hood, 1991, Poetic Justice, 1993, L'università dell'odio Higher Learning, 1995); Mario Van Peebles, figlio di Melvin Van Peebles (New Jack City, 1991, una sorta di gangster film nero; Posse, 1993, il primo western all black, Panther, 1995, un film storico sulle Black Panther); Albert Hughes e Allen Hughes autori di film piuttosto violenti come Nella giungla di cemento (Menace II Society, 1992) e Dollari sporchi (Dead Presidents, 1995); Charles Burnett che aveva fatto il suo esordio nel 1977 con Killer of Sheep ma che ha realizzato gran parte dei suoi film a partire dagli anni '90. Ci sono poi stati molti film di bianchi con storie di neri, come Il colore viola (r. di Steven Spielberg, The Color Purple, 1995 dal romanzo della scrittrice Alice Walker), Beloved (r. di Jonathan Demme, 1998, dal romanzo di Tony Morrison), Slam (r. di Marc Levin, 1998), Alì (r. di Michael Mann, 2001), Glory (r. di Edward Zwick, 1989), John Q (r. di Nick Cassavetes, 2002). Parallelamente si è affermata una nuova generazione di attori neri dalle grandi doti tecniche: Denzel Washington (premio Oscar nel 2001 per Training Day, r. di Antoine Fuqua); Will Smith, Whoopi Goldberg, Laurence Fishburne, Wesley Snipes, Samuel Jackson, Jamie Foxx, Morgan Freeman, Halle Berry e altri.