Tra i Paesi che affrontarono il passaggio al sonoro gli USA furono quelli che ne uscirono con maggior successo. Nonostante non fossero mancati esperimenti precedenti, convenzionalmente si fa risalire l'inizio del sonoro al grande successo de Il Cantante di Jazz (The Jazz Singer, r. di Alan Croslan, 1927). Le case di produzione statunitensi, in gara per l'affermazione di diverse tecniche (tra cui un sistema basato sulla registrazione su disco fonografico), si accordarono nel 1928 per uno standard comune basato sulla registrazione ottica del suono al lato dei fotogrammi. Nel 1932 la conversione al sonoro era stata effettuata in quasi tutte le sale USA. All'inizio, l’introduzione del sonoro fece regredire il linguaggio cinematografico: si tornò a riprese statiche e senza cambi di inquadratura. Vi erano infatti numerosi problemi tecnici: i primi microfoni non erano direzionali e dunque captavano qualsiasi riumore intorno, compreso quello della cinepresa (che fu chiusa dentro una pesante cabina, il che impediva movimenti di camera e angolazioni significative). Inoltre non era possible mixare le piste sonore, per cui per riprendere diverse inquadrature di una stessa scena si dovevano utilizzare più cineprese. Gli attori dovevano stare attenti a quando si muovevano e la musica era registrata dal vivo: un'intera orchestra doveva suonare a pochi metri dalla ripresa. Data la proiezione internazionale del cinema USA, un grosso problema fu rappresentato dalla lingua (prima bastava sostituire le didascalie). All’inizio si realizzarono dello stesso film versioni in lingue diverse (anche cambiando gli attori), poi il pubblico si adeguò ai sottotitoli, mentre il mixaggio permise per le grandi produzioni di realizzare versioni doppiate. L'avvento del sonoro è descritto in modo divertente nel film Cantando sotto la pioggia (Singin' in the Rain, r. di Stanley Donen e Gene Kelly, 1952). Nel giro di pochi anni si trovarono soluzioni tecniche ai problemi posti dal sonoro che permisero ai film di Hollywood di tornare alla consueta fluidità di linguaggio. Uno spesso involucro di metallo intorno alla cinepresa eliminò la cabina, l’utilizzo della giraffa permise di seguire fonti di suono in movimento, e dal 1931 fu possibile il mixaggio: si poteva registrare su diverse piste -musica, effetti sonori, voci- anche in momenti diversi per poi mixare tutto su un'unica pista.
La musica divenne un elemento essenziale del film, sotto il controllo degli autori: lunghi passaggi musicali accompagnavano azioni e dialoghi dando vita a quella che si sarebbe chiamata colonna sonora. Apparvero i primi autori di musica per film come Max Steiner e Bernard Herrmann, tutti formatisi con la musica classica europea. L'involucro che silenziava la camera era troppo pesante perché il vecchio treppiedi potesse reggerlo, così si utilizzarono versioni perfezionate di dolly (già utilizzato alla fine del decennio precedente) e di gru il cui uso si diffuse rapidissimo a partire dal 1932, arricchendo il linguaggio cinematografico di altre possibilità di movimento. Un'altra innovazione del periodo fu quella del colore. Nel 1932 la Technicolor mise a punto una nuova tecnologia che offriva colori saturi e resistenti nel tempo. Ma la Technicolor monopolizzò il processo e ciò contribuì a mantenere i costi del procedimento troppo elevati. Così il colore non si diffuse e rimase associato presso il pubblico solo a film esotici (La leggenda di Robin Hood The Adventures of Robin Hood, r. di Michael Curtiz, 1938), fantastici (Il mago di Oz, The Wizard Of Oz, r. di Victor Fleming, 1939) o di animazione (Biancaneve e i sette nani Snow White and the Seven Dwarf, 1937). Negli anni Trenta gli effetti speciali furono demandati a strutture specifiche e ciò permise un salto qualitativo. Questi effetti venivano usati più per risparmiare che per stupire. La retroproiezione ad esempio (mentre gli attori recitano, si proietta alle loro spalle su uno schermo detto "trasparente" immagini riprese precedentemente) serviva ad evitare le costose riprese in esterni (ad esempio nel caso di un dialogo in auto). Si perfezionò il matte painting (la tecnica in base alla quale una porzione della pellicola viene mascherata e poi impressionata con una successiva esposizione) che si evolse nel travelling matte (dove il mascheramento si realizza fotogramma per fotogramma). Si diffuse la stampa ottica (un proiettore è puntato sull'obiettivo di una cinepresa, in modo da impressionare la pellicola con immagini girate precedentemente, anche mascherando porzioni di pellicola o muovendo uno dei due apparecchi). I mascherini mobili vennero usati anche come transizione con la tendina (in cui una immagine cancella gradualmente l'altra) in alternativa alla dissolvenza. L'animazione a passo uno (i modellini vengono mossi riprendendoli un fotogramma alla volta) fu alla base nell'enorme successo King Kong (r. di Merian C. Cooper e Ernest B. Schoedsack, 1933).
Nel 1929 negli USA scoppiò una crisi economica di enorme gravità che raggiunse il suo punto più basso nel 1932 quando venne eletto il presidente Roosvelt che mise fine alla politica liberista dei governi precedenti e promosse un forte intervento dello stato nell'economia. Il nuovo governo vedeva con benevolenza i sindacati e anche gli oligopoli sperando che il sostegno all'industria e alla domanda interna potesse far riprendere la crescita economica. La Depressione durò comunque per tutti gli anni '30 e gli USA ne uscirono solo alla fine del decennio grazie alla politica di riarmo che precedette la Seconda Guerra Mondiale. L'industria di Hollywood dunque soffrì per tutti gli anni '30 e si riprese solo con gli anni Quaranta. Il sonoro permise di eliminare le spese per intattenimento e orchestre; le sale del resto, con la Depressione, si fecero meno sfarzose. Gli esercenti dovettero arrotondare vendendo caramelle, bevande e pop corn. Oltre ai cortometraggi si offrivano doppi spettacoli: il film di maggior richiamo e poi quello di serie B (da cui il termine B-movie), nell’intervallo lo spettatore consumava. La Depressione consolidò lo Studio System e provocò solo qualche assestamento tra i giganti del cinema. Otto compagnie hollywoodiane dominavano il mercato mondiale costituendo un solido oligopolio: le “major” (Paramount, Metro Goldwyn Mayer, Warner Bros, RKO, Fox - che divenne 20th Century-Fox nel 1935) e le “minor”, prive o povere di sale (Universal, Columbia e United Artists). C’erano poi produttori indipendenti come David O. Selznick (che produsse Via col vento, Gone with the Wind, r. di Victor Fleming, 1939, tuttora il film più visto nella storia del cinema). Ogni compagnia aveva i propri teatri di posa, i laboratori tecnici, gli uffici di distribuzione e pubblicità, ecc. dai quali il film usciva completo in ogni suo aspetto. La realizzazione assomigliava ad una catena di montaggio dove ogni ruolo era specializzato e chi aveva la supervisione del film era il produttore, che imponeva a tutti uno stile che garantisse il ritorno economico. Ogni Studio aveva la sua specialità: ad esempio la MGM si dedicava a produzioni sfarzose in costume come quelle di George Cukor e Vincent Minnelli; ognuno aveva i propri attori (la 20th Century Fox fece fortuna con la piccola Shirley Temple). Gli Studios si rifugiarono nei generi le cui convenzioni vennero fissate resistendo sino agli anni Sessanta. Con gli anni della Guerra il pubblico crebbe di nuovo e Hollywood uscì dal suo periodo nero.
I film degli anni Venti che trattavano con una certa liberalità le relazioni tra i sessi, la violenza, ecc. erano stati spesso attaccati per la loro "immoralità" e ciò aveva spinto Hollywood, per evitare una legge di censura federale, a promuovere un organismo di autocensura, la Motion Picture Producers and Distributors Association con a capo il repubblicano Will Hays. L'MPPDA però non agì in modo troppo stringente, dato che in ultima analisi era legato agli interessi di Hollywood, i cui produttori censuravano volentieri tutto ciò che era politicamente progressista, ma erano restii a rinunciare ai richiami dell'erotismo e della violenza, che attraevano il pubblico. Lo scoppio della crisi economica però spinse varie forze sociali a indicare ai cittadini cause che non avessero troppo a che fare con il capitalismo, in modo da sviare l'aggressività collettiva dall'individuazione dei veri responsabili del crollo dell'economia. Uno dei capri espiatori fu individuato nell'"immoralià e rilassatezza" degli anni Venti di cui il cinema era ritenuto tra i principali promotori. Per questo nei primi anni Trenta venne chiesto all'MPPDA di controllare e censurare di più. Nel 1930 venne varato il Codice di Produzione che conteneva severe indicazioni, e che passò alla storia come Codice Hays: i film non dovevano mostrare il delitto, i criminali dovevano sempre essere puniti, erano bandite l’omosessualità, la relazione tra persone di diversa etnia, l'adulterio, il divorzio. Persino le coppie regolarmente sposate dovevano essere mostrate mentre dormivano in letti separati. Le trame erano create in maniera da risultare "accettabili a tutta la famiglia". I film dovevano diffondere l'ottimismo e i valori tradizionali. Era bandita ogni conflittualità sociale e la rappresentazione di ogni diversità. Non mancarono sfide aperte a questo Codice. La più famosa è quella condotta da Mae West, attrice e sceneggiatrice dei suoi film che costruì un personaggio forte e disinibito dalle fulminanti battute a doppio senso ("Tesoro, hai in tasca una pistola oppure sei solo contento di vedermi?" o "Errare è umano. Ma ti fa sentire divina!") con film quali Lady Lou (She Done Him Wrong, r. di Lowell Sherman, 1933). Dopo altre campagne scandalistiche nel 1934 si decise che i film che non avessero presentato il "marchio" MPPDA avrebbero subito una multa salatissima. Questa misura piegò produttori e autori. Da quel momento opportune dissolvenze sostituivano l'approccio tra i sessi, dialoghi sofisticatissimi sostituivano l’esplicito e i film di Mae West vennero tagliati.
Gli studios approfittarono della difficoltà del passaggio al sonoro delle vecchie star per recidere contratti troppo onerosi (ne fecero le spese tra gli altri Mary Pickford, Gloria Swanson, Douglas Fairbanks). I nuovi divi (Clark Gable, John Wayne, Gary Cooper, Cary Grant, Ingrid Bergman, James Stewart, Grace Kelly, Claudette Colbert, Barbara Stanwyck, James Cagney, Spencer Tracy, Bette Davis, Joan Crawford, Katharine Hepburn, Humphrey Bogart, Audrey Hepburn, Gregory Peck, Robert Mitchum, Kirk Douglas, Judy Garland, Rita Hayworth, Lauren Bacall, Ava Gardner, ecc.) incarnavano figure più realistiche e, dopo l'introduzione del Codice Hays, meno fuori dalle regole. I nuovi contratti fino agli anni '50 erano più vantaggiosi per i produttori: i divi erano obbligati a somigliare ai loro personaggi anche nella vita privata ed avevano una clausola che vietava loro di tenere comportamenti "immorali". Questo equilibrio durò sino all'inizio degli anni Cinquanta. Non a caso solo allora poterono uscire alcuni film hollywoodiani critici verso lo star system, come Eva contro Eva (All about Eve, r. di Joseph Mankiewicz, 1950) e Viale del tramonto (Sunset Boulevard, r. di Billy Wilder, 1950).
Orson Welles è oggi considerato uno dei maggiori autori cinematografici nella storia del cinema. Nella sua carriera è stato anche un ottimo attore, e poi drammaturgo, documentarista e produttore. Nel mondo dominato dalle majors hollywoodiane non ha però avuto la vita facile. Alcuni dei suoi film sono stati pesantemente manomessi dai produttori e non ha potuto completare molti dei suoi progetti per mancanza di finanziamenti.
Conquistò grande notorietà quando a ventitre anni, già affermato drammaturgo, condusse una trasmissione radiofonica che scatenò il panico facendo credere che la Terra fosse sotto attacco degli alieni. Il successo gli consentì di ottenere un contratto con la casa di produzione cinematografica RKO per la realizzazione di un film in totale libertà artistica. Il film era Quarto potere (Citizen Kane, 1941) considerato un capolavoro assoluto per le innovazioni che introdusse. La struttura drammaturgica, merito dello sceneggiatore Herman Mankiewicz, narra la vicenda biografica di un magnate della carta stampata (ispirata alla figura realmente esistente di Hearst, che fece di tutto per bloccare il film) attraverso un documentario agiografico e cinque diversi personaggi, ognuno dei quali lo descrive dal suo peculiare punto di vista. Con il direttore della fotografia Gregg Toland utilizzò tecniche poco esplorate di ripresa: l’uso sistematico della profondità di campo e angolazioni e modalità di illuminazione fortemente espressive. Nel film recitava lo stesso Welles, interpretando con grande realismo il protagonista in tutto l’arco della vita, dalla giovinezza alla vecchiaia. Il film successivo, L’orgoglio degli Amberson (The Magnificent Ambersons, 1942), fu tagliato dalla produzione (50 minuti). Diresse poi quello che probabilmente è il miglior noir mai realizzato: La signora di Shangai (The Lady from Shanghai, 1948). Le sue simpatie per la sinistra radicale lo misero sotto indagine da parte della Commissione per le attività antiamericane e ciò lo costrinse ad un autoesilio forzato in Europa, dove riuscì a realizzare Macbeth (1948), Otello (Othello, 1952), Rapporto confidenziale (Mr. Arkadin, 1955), L’infernale Quinlan (The Touch of Evil, 1958), Il processo (Le procès, 1962), Falstaff (Campanadas a medianoche, 1965), F come falso (F for Fake, 1975).
Per i generi di maggior successo del periodo si rimanda ai paragrafi delle pagine dedicate: war film, il noir, il western, il gangster, la screwball comedy, il musical.