L'ESPOSIZIONE NARRATIVA: LA SELEZIONE



"The Truman Show" (r. di Peter Weir, 1998, USA) racconta di un personaggio che sin dalla nascita è inconsapevole protagonista di un reality show: all’interno di un enorme studio televisivo è stato costruito un paese in cui tutto è falso e preparato, salvo Truman. La selezione racconta gli eventi da poco prima della ribellione del protagonista alla sua fuga, ma anche il momento della falsa morte del padre, accaduta in mare quando lui era bambino. Quell’episodio molto lontano è rappresentato con una scena, invece che raccontato a parole (presentazione). Al contrario, il passato di Truman viene presentato attraverso una voce narrante, mentre scorrono foto e video che mostrano una selezione dei momenti più significativi della vita della sua vita. Sia la morte del padre sia la sintesi sul suo passato non vengono collocati in ordine cronologico, ma rispettivamente dopo 10 minuti e un’ora dall’inizio.


Uno dei compiti più impegnativi per uno sceneggiatore cinematografico quando propone dei personaggi è selezionare le informazioni che li riguardano e decidere dove collocarle. La selezione nel cinema è sempre drastica: è come se un romanziere avesse a disposizione solo il materiale narrativo di un racconto. Inoltre, a differenza del romanzo, nel film non si può scegliere di riferire tutti i dati relativi al personaggio all'inizio: la collocazione deve disporli in modo che il loro rilascio appaia naturale. A meno che non vi sia un buon pretesto narrativo. Nella seconda sequenza de "La parte degli angeli" ("The Angels' Share", 2012, FR, UK) il regista Ken Loach e lo sceneggiatore Paul Laverty forniscono sin dal prologo (collocazione) le informazioni essenziali (selezione) che riguardano i propri personaggi. La presentazione si serve del pretesto della loro comparizione in tribunale. La loro muta presenza fornisce l'opportunità di mostrare come la società li vede e li considera, mentre con il mezzo primo piano (presente sin dall'incipit) il regista spinge il pubblico a condividerne l'umanità, mentre la voce off del giudice spinge a considerare freddo ed estraneo l'intervento del potere.



La selezione dei materiali del racconto crea dei buchi: le ellissi narrative. Nella prima clip tratta da "Jackie Brown" (r. di Quentin Tarantino, 1997, USA) non vi è alcuna ellissi, ovvero soppressione di tempo: il tempo filmico corrisponde a quello diegetico. Nella seconda clip Max accompagna una donna in carcere e dopo un po' (quindi vi è stata una ellissi) preleva Jackie. Si tratta di una ellissi prevista in sceneggiatura. Vi è un'altra ellissi (microellissi) decisa invece in fase di regia/montaggio: quando dalla strada si passa ai due che sono già in auto senza mostrare quando vi entrano (terza clip).



Il tempo diegetico nei film viene normalmente selezionato. Accade però che a volte venga dilatato. Accade ad esempio in "Jackie Brown" nella sequenza in cui vengono scambiati dei soldi in un centro commerciale: l'evento è mostrato tre volte, da tre diversi punti di vista. 


"Rapina a mano armata" ("The Killing", r. di Stanley Kubrick, 1956, USA) è imperniato sulla preparazione e realizzazione di una rapina ad un ippodromo. Il film scorre in maniera cronologica fino al giorno della rapina. A quel tempo il tempo dialogico torna più volte indietro (quindi il tempo filmico si dilata) per seguire le azioni che i diversi personaggi della banda compiono in ambienti diversi. A guidare questa tela in cui lo spettatore potrebbe perdersi è una voce narrante e l’altoparlante dell’ippodromo che informa sull’ordine delle corse. La dilatazione in questo caso serve a sottolineare la complessità del piano, ma anche ad aumentare la tensione.




Nella prima clip di "Mezzogiorno di fuoco("High Noon", r. di Fred Zinnemann, 1959, USA) il protagonista ad un certo punto va dal barbiere e si mette a sedere. La scena successiva mostra per meno di un minuto i tre banditi alla stazione mentre aspettano il loro capo. Quindi il film torna dal barbiere, ma il protagonista si è già alzato, rasato. Passare da una linea narrativa ad un’altra è una maniera molto tipica di far accettare un salto di tempo. "Mezzogiorno di fuoco" è un western dove il protagonista, uno sceriffo che sta per lasciare il proprio incarico, decide di restare per affrontare una bandito che vuol regolare con lui dei vecchi conti. La durata (circa 80 minuti) coincide quasi interamente con l’arco narrativo (circa 100 minuti) ed è impiegata dal protagonista per cercare inutilmente aiuto tra i suoi vili compaesani. Proprio la coincidenza tra i due tempi (tempo filmico e tempo diegetico) alimenta la suspense: il trascorrere dei minuti è sottolineato sul piano visivo (con riprese ossessive degli orologi, vedi clip2) sino al momento dell’arrivo dell’antagonista. Normalmente invece nei film l'arco narrativo è più ampio, il che costringe ad una forte selezione del tempo diegetico per rispettare la durata del film:



"Juno" (r. di Jason Reitman, 2007, USA) è un film indie che si sviluppa lungo un arco narrativo di alcuni mesi, il tempo della gravidanza della protagonista, ragazza madre che decide di cedere il figlio ad una coppia che non può averne. La durata è di circa 90 minuti. In questo film il tempo è scandito dalla visualizzazione della progressiva crescita della pancia della ragazza (la prima clip è il trailer).
Nella seconda clip, in una scena la protagonista dichiara il suo amore al padre del bimbo che porta in pancia nel campo sportivo dove lui si allena, e lo bacia; nella scena successiva è a letto in camera sua mentre gioca col pancione, poi sente una contrazione; nella scena successiva la si vede uscire fuori casa di corsa; poi si trova già in ospedale. Anche in questo caso le ellissi insistono sullo stesso personaggio, ma le ambientazioni differiscono. A rendere fluida e verosimile la narrazione, nonostante i "buchi" contribuiscono anche montaggio e musica. 


"Training Day" (r. di Antoine Fuqua, 2001, USA) è un thriller dove l’arco narrativo coincide con il trascorrere di una giornata, dall’alba a notte fonda, mentre la durata del film è di circa 110 minuti. Il tempo diegetico è dunque dieci volte quello filmico, ma per gli standard narrativi cinematografici esso è insolitamente poco esteso. Il passaggio di tempo è ben scandito da interventi di visualizzazione (il sole che si muove nel cielo in maniera accelerata).




"Harry ti presento Sally" ("When Harry Met Sally", r. di Rob Reiner, 1989, USA) è una commedia sentimentale il cui arco narrativo si dipana per 11 anni e la cui durata è di circa 90 minuti. Narra di un uomo e di una donna che provano ad essere amici senza complicazioni sentimentali, ma non ci riescono. Il tempo è scandito da cartelli e siparietti oltre che dal make-up degli attori (nella prima clip il trailer).

Nella seconda clip i due protagonisti, dopo aver percorso insieme il tragitto da Chicago a New York, si incontrano di nuovo dopo cinque anni. L’incontro è preceduto dalla scritta: “5 years later”. Un’infor- mazione netta e chiara rende perfettamente accettabile al pubblico l’ellissi e la sottolinea, proprio perché è il trascorrere di un lungo tempo che spiega e giustifica l’evoluzione psicologica dei due personaggi. Alcune battute di dialogo dopo ogni incontro danno rapidamente conto della rispettiva situazione sentimentale, contribuendo a riempire il vuoto dell’ellissi.


Normalmente i film tagliano tutto ciò che non è evento, come le normali attività quotidiane. Quando vi si soffermano, dunque, si fanno notare. Ad esempio, in una scena de "I quattrocento colpi" ("Les Quatre Cents Coups", regia di François Truffaut, 1959, FR) viene dedicato molto tempo filmico a descrivere il piccolo protagonista mentre gioca con i trucchi della madre, apparecchia il tavolo, comincia a fare i compiti... il tutto quasi senza stacchi. Questi gesti, compiuti in una casa vuota, inducono nel pubblico la sensazione che il bambino sia e si senta profondamente solo. Così, quando la madre entra in casa, pare ancora più intollerabile la durezza che riserva al figlio.



"Boyhood" (r. di Richard Linkater, 2004, USA) narra la crescita di un bambino da quando ha 6 anni fino alla maggiore età, raccontando la sua relazione coi genitori, i coetanei, l'ambiente circostante. Il film è stato girato in 12 anni seguendo la crescita vera del protagonista e l'invecchiamento naturale degli altri personaggi. La troupe e il cast si sono ritrovati tutti gli anni per girare ogni volta un po' di scene. Nonostante questo sforzo inedito, il film non ha potuto fare a meno di andare per "salti", anche se ravvicinati, cioè ha dovuto selezionare gli eventi principali della storia. 



Il prologo è un evento collocato prima dell'inizio del racconto e separato da questo da un consistente salto temporale. In "Mystic River" (r. di Clint Eastwood, 2003, USA) l’arco narrativo della storia, che dura pochi giorni, è preceduto da un lungo prologo che narra di tre piccoli amici, uno dei quali viene rapito e violentato. La storia riprende 25 anni dopo, quando la figlia di uno di loro viene uccisa. L’importanza assegnata al prologo è dovuta al fatto che gli stessi tre protagonisti pensano che la tragedia vissuta da bambini abbia segnato il resto delle loro esistenze.



In "La battaglia di Algeri" (r. di Gillo Pontecorvo, 1966, IT, DZ) la narrazione delle gesta del protagonista termina con la sua morte, ma il film prosegue con numerose sequenze semigiornalistiche guidate dalla voce narrante che racconta le vicissitudini della lotta di liberazione algerina nei successivi tre anni, sino all’indipendenza. Con questo epilogo (una parte del racconto che segue il finale e separato da questo da un consistente salto temporale) il film comunica allo spettatore un messaggio di speranza, che non sarebbe passato si fosse concluso con la morte del protagonista, capo della guerriglia nella capitale.