Antoine Lumière, padre di Auguste e Louis, nacque nel 1840 a Ormoy, un piccolo villaggio della Haute-Saône da un piccolo proprietario terriero e da una levatrice che lo lasciarono orfano a 14 anni. Una sorella maggiore si prese cura di lui, indirizzandolo come apprendista presso un falegname. Antoine strinse amicizia con un altro apprendista, figlio di un istitutore, e un giorno i due amici partirono all'avventura verso Parigi.
Nella capitale Antoine entrò come apprendista nella bottega di un pittore. Nel 1861 sposò Jeanne-Joséphine Costille, lavandaia. La coppia si trasferì poi a Besançon, dove nacque il loro primo figlio Auguste, nel 1862.
Antoine non riusciva a sopravvivere col lavoro di pittore, decise dunque di lanciarsi nella fotografia, allora di gran moda, seguendo corsi e praticando come apprendista. Poi riuscì a mettersi in proprio. Nel 1864 nacque il secondogenito Louis.
Forse per le crescenti difficoltà economiche, nel 1870 la famiglia si trasferì a Lyon, dove Antoine fondò un nuovo studio fotografico che ebbe un po' più di fortuna dei precedenti. Antoine era un personaggio estroverso e gioviale: per arrotondare si esibiva di tanto in tanto anche come cantante e godeva di una vasta rete di conoscenze, specie in ambito massonico. Come padre aveva modi autoritari, e forse la tesa situazione familiare fu all'origine dei forti mal di testa che afflissero i fratelli Auguste e Louis, rendendo loro difficoltoso il percorso scolastico.
Nel 1877 Auguste superò l'esame di ammissione all'Ecole de la Martinière, una scuola tecnica che, contrariamente al liceo, non dava accesso all'università. Di quella scuola, nonostante le caratteristiche repressive, peraltro abbastanza comuni all'epoca, i fratelli Lumière dettero sempre un giudizio positivo. Il metodo che vi si applicava era molto pratico: dopo brevi lezioni frontali agli allievi venivano assegnati una serie di problemi da risolvere. I contenuti riguardavano la matematica e il disegno, con elementi di chimica e fisica. Auguste ricorda: "Quando lasciai la scuola, invece di essere disgustato dallo studio, come capita agli allievi dell'insegnamento liceale, che non aprono più un libro dopo il diploma, sentivo al contrario il più acceso desiderio di continuare ad acquisire nuove conoscenze".
Nel 1880 anche Louis entrò nella stessa scuola, conseguendo, come il primo, ottimi risultati.
Per la fotografia, tra il 1860 e il 1880, si usavano lastre (di vetro, sul quale veniva depositata l'emulsione, e che servivano da "negativo") dette al "collodio umido". Ciò rendeva molto complesso il processo di preparazione e poi di sviluppo: ad esempio l'emulsione doveva essere stesa poco prima dell'esposizione e sviluppata subito dopo; per fotografare all'aria aperta ci si doveva attrezzare con un vero e proprio laboratorio ambulante. Per questo il diffondersi delle lastre a secco fu vissuto come una vera e propria rivoluzione: si compravano già emulsionate e potevano essere sviluppate anche diverso tempo dopo l'esposizione. Circolavano vari procedimenti di fabbricazione e Antoine decise di improvvisarsi tecnico producendo in proprio le lastre a secco. L'esperienza fallì rapidamente perché Antoine ignorava il rigore della ricerca scientifica. I figli Auguste e Louis presero l'iniziativa di proseguire il tentativo, ma applicando i metodi appresi nella scuola che avevano frequentato. Si scontrarono anche con lo scetticismo del padre, che negò loro anche la possibilità di comprare dei bilancini di precisione, perché "potete usare la bilancia della cucina". I fratelli ricorsero agli strumenti di un farmacista e riuscirono a trovare una prima formula soddisfacente, che applicarono ad una limitata produzione per lo studio di fotografo del padre. Presto però aumentarono i clienti che chiedevano le lastre a secco per usarle in proprio, e così al padre Antoine venne in mente di dedicarsi allo sfruttamento economico dell'invenzione dei figli: abbandonò il lavoro di fotografo per dedicarsi alla produzione delle lastre su larga scala.
Fece però il passo più lungo della gamba e si indebitò eccessivamente per costruire una fabbrica ancora troppo grande per la domanda del mercato, a Monplaisir, un po' fuori città. Antoine si trovò presto sull'orlo del fallimento e toccò di nuovo ai figli risolvere la situazione. I due fratelli ottennero una moratoria sui debiti e, insieme alle due sorelle, lavorarono anche 14 ore al giorno, senza riposo, in stanze buie per produrre lastre e inventare macchine per meccanizzare il lavoro (ad esempio per colare l'emulsione sulle lastre).
Nel 1884 si può dire che la famiglia fosse uscita dall'emergenza: la fabbrica era ben avviata, con una decina di operai e i debiti saldati.
Louis aveva messo a punto una emulsione particolarmente rapida, che prese il nome di "ètiquette bleue extrarapide", perché venduta in scatole con l'etichetta di quel colore. Con miglioramenti costanti sarebbe rimasta in commercio per circa sessant'anni. Fu lanciata con una campagna pubblicitaria che serviva a dimostrarne la rapidità: in una foto Louis riprende Auguste mentre salta sulla sedia. Nel 1886 la fabbrica produceva 110.000 dozzine di lastre, mentre i due fratelli si dedicavano a nuove invenzioni per migliorare il prodotto. Nel 1890 arrivarono a 350.000 dozzine di lastre.
Il personale della fabbrica veniva reclutato nelle vicinanze, tramite conoscenze. Si trattava in prevalenza di manodopera feminile, senza qualifica, formata sul posto. Il tipo di direzione era di stampo paternalista: l'impresa aveva un servizio di assistenza medica interna, lavanderia interna per le tute da lavoro (i capelli raccolti perché non finissero nelle emulsioni), ma salari mediocri. L'organizzazione del lavoro non consentiva spazi di riposo e permetteva di individuare sempre il responsabile di eventuali errori.
Nel 1892, su iniziativa del padre Antoine, si fondò una società familiare per gestire tutte le attività (che non comprendevano solo le lastre a secco). Il padre si assicurò i due terzi del capitale, nonostante l'impresa fosse interamente merito dei due figli, che ne avevano in carico anche la direzione quotidiana. Presto il padre sperperò in maniera sconsiderata il suo capitale nella costruzione di tutta una serie di residenze (tra le quali una grande villa a La Ciotat, vicino Marsiglia, con vigneti ed enormi cantine). La famiglia, così, si trovò di nuovo perseguitata dai creditori.
Ancora una volta i due fratelli dovettero farsi carico della situazione e trovarono un grosso industriale che acconsentì ad anticipare loro una ingente cifra. Di nuovo riuscirono a cavarsela. Auguste e Louis ritennero opportuno non firmare più alcun atto societario col padre che, piuttosto offeso, si dedicò da allora alla viticoltura a La Ciotat. Salvo, come vedremo, la parentesi del cinematografo.
Nel 1894 gli stabilimenti Lumière contavano 300 operai e fabbricavano 15 milioni di lastre l'anno. La fabbrica si inseriva in un contesto urbano, quello di Lyon, assai favorevole allo sviluppo economico. Anche se l'attività tradizionale della produzione della seta era da molto tempo in decadenza, nuovi settori nascevano o si rafforzavano: quello chimico e poi quello automobilistico, ad esempio. Tra il 1894 e il 1914 la città avrebbe conosciuto una forte espansione, ma che andava di pari passo ad un crescente divario sociale.
I Lumière ormai erano saldamente inseriti nella classe sociale più agiata, anche se non ai massimi vertici cittadini. A partire dal 1893 quattro dei sei figli di Antoine, compresi Auguste e Louis, sposarono quattro figli di Alphonse Winckler, un birraio alsaziano proprietario di vari locali, costituendo un solido clan.
Tra gli anni '80 e l'inizio degli anni '90 si erano create le condizioni tecnologiche affinché qualcuno "inventasse" il cinematografo. C'era già una cinepresa che riprendeva immagini in
movimento, era diffusa la pellicola di celluloide perforata, vi erano spettacoli dove si proiettavano immagini in movimento. Mancava ora quel qualcosa che avrebbe consentito di riunire in una
sola struttura tutte queste invenzioni che viaggiavano ognuna per conto proprio. Chi utilizzava ad esempio la cinepresa con pellicola perforata, Edison, non era in grado di proiettare su schermo,
e chi proiettava su schermo, come i fratelli Skladanowsky, non utilizzava una cinepresa efficiente. Come ebbe a dire lo stesso Louis Lumière: "Le cose erano nell'aria... le ricerche precedenti,
quelle di Janssen, di Edison, e soprattutto di Marey e dei suoi allievi dovevano prima o poi portare ai risutati ai quali ho avuto la fortuna di arrivare io per primo".
I fratelli Lumière avevano preso visione del "cinescopio" di Edison dove un solo spettatore poteva vedere un breve filmato dentro quella che pareva una grossa scatola. La pellicola vi scorreva in maniera continua e perché l'occhio umano potesse percepire i singoli fotogrammi come fermi, questi dovevano essere illuminati per un tempo molto breve. Dunque ogni inquadratura era attraversata da una quantità di luce minima, assolutamente insufficiente per una proiezione su schermo. Inoltre per trasmettere alla retina una impressione di continuità i fotogrammi dovevano scorrere a decine al secondo, dunque occorrevano obiettivi molto luminosi, e le scene di conseguenza erano poco profonde.
I Lumière si concentrarono su quello che a loro pareva, a giusto titolo, il problema principale: trovare un meccanismo che fermasse la pellicola ad ogni fotogramma, consentendo alla luce di passarvi per un tempo sufficiente a consentire la proiezione dell'immagine su schermo, per poi trascinarla e passare al fotogramma successivo. Arrivarono alla conclusione che ci voleva un movimento alternato simile a quello del premistoffa nel dispositivo di scorrimento delle macchine da cucire, adattato alle condizioni della ripresa. Così Louis mise a punto, nel 1894, un meccanismo in cui delle griffe penetravano nelle perforazioni della pellicola, la trascinavano giù e poi si ritraevano per risalire a vuoto durante la proiezione e l'arresto della pellicola, ripetendo questo movimento con grande rapidità. Il meccanismo doveva essere identico sia nella fase di ripresa che in quella di proiezione, così come la cadenza, che dopo vari tentativi si assestò a 16 fotogrammi al secondo e tale rimase per tutto il periodo del muto. Il numero ridotto di fotogrammi al secondo, che restavano immobili mentre il fascio di luce li attraversava, permetteva la proiezione ingrandita, e la profondità non era più così limitata rendendo possibile la ripresa della vita di strada. L'apparecchio che costruirono con questo meccanismo era "reversibile", cioé funzionava sia come cinepresa che come proiettore, ed era portatile e assai leggero (4 kg). I Lumière utilizzarono, per i primi esperimenti, pellicola di celluloide fatta giungere dagli Usa, per poi accordarsi con un industriale, Victor Planchon, per la produzione locale. Sopra vi applicarono la propria emulsione (la stessa delle lastre "etichetta blu", decisamente migliore di quella di Edison, piuttosto grigia e granulosa). La larghezza fu mantenuta identica a quella di Edison (35 mm), ma le perforazioni erano inizialmente diverse (un foro tondo per fotogramma, mentre Edison utilizzava 4 fori rettangolari per fotogramma, che diverrà poi lo standard). Nei primi mesi del 1895 Auguste e Louis (il merito dell'invenzione però è di quest'ultimo) depositarono una serie di brevetti e chiamarono la loro invenzione "cinematografo" (dal greco "scrittura del movimento"). Il magazzino poteva contenere solo 17 metri di pellicola e dunque dopo 50 secondi doveva essere ricaricato.
Nel marzo 1895 venne girato il primo film con il nuovo apparecchio: "La sortie des usines Lumière". Il 22 marzo lo si presentò al convegno della "Società per il progresso" di fronte a 200
spettatori. Altre proiezioni ebbero luogo. Nel giugno 1895, al congresso di Lyon delle società di fotografia, i congressisti vennero ripresi all'arrivo e il giorno dopo si mostrò loro il filmato
(che poi verrà intitolato "Arrivée des congressistes à Neuville-sur-Saône"). A luglio si girò una seconda versione de "La sortie", quella più conosciuta, rimasta integra.
A quel punto tornò alla ribalta il padre che insistette con i figli per organizzare la proiezione pubblica con spettatori paganti che avrebbe dovuto lanciare il cinematografo, e che necessariamente doveva svolgersi a Parigi. Dopo diverse ricerche Antoine trovò da affittare un piccolo locale sotterraneo: si trattava di una delle sale da biliardo del Grand-Café che il prefetto aveva fatto chiudere per la loro cattiva fama; fece allestire la saletta e la battezzò "Salon Indien" secondo il suo stile che non tendeva alla sobrietà. Si prevedeva la proiezione inaugurale prima di Natale, ma vari contrattempi la posticiparono al 28 dicembre. Lo spettacolo, che durava una ventina di minuti, consisteva nella proiezione di una decina di filmati, per un totale di una ventina di minuti. Il successo fu enorme e se lo godette tutto Antoine, dato che i figli non ne vollero sapere di presenziare. Georges Méliès si trovò alla prima proiezione, dato che Antoine, suo conoscente, lo aveva incontrato per strada e convinto ad entrare. Ecco il racconto di Méliès:
"Ci trovammo davanti a un piccolo schermo... dopo alcuni istanti apparve la proiezione immobile di una veduta di piazza Bellecour a Lyon. Un po' sorpreso ebbi il tempo di dire al mio vicino: non ci avranno mica fatto scomodare per vedere delle proiezioni. Io ne faccio già da dieci anni. Avevo appena finito di parlare, quando un cavallo che tirava la carrozza si mosse verso di noi, subito seguito da altre vetture e da dei passanti, insomma, tutta l'animazione di una strada. Di fronte a un simile spettacolo rimanemmo tutti a bocca aperta, sbalorditi."
Méliès fece un'offerta a Antoine per comprare una delle sue macchine, ma lui rifiutò. Antoine era più convinto dei figli del successo dell'attrazione, e voleva sfruttarla sino in fondo. Nei giorni successivi tutti parlavano delle meraviglie della "fotografia animata" (il termine "cinematografo" era considerato un po' complesso).
Il pubblico era attratto dal realismo, tutte le cronache dell'epoca ci parlano dell'emozione incredibile suscitata nel pubblico nel rivedere, in movimento, la propria stessa vita. "Sembra di stare in mezzo alla strada", si diceva. Lo stesso Louis commentò negli anni seguenti: "i soggetti che ho scelto per i miei film sono la prova che desideravo solo riprodurre la vita". Il pubblico era impressionato ad esempio nel vedere un treno muoversi nella propria direzione ("L'arrivée d'un train en gare de la Ciotat") e la ripresa dell'abbattimento di un muro provocava la stessa sensazione degli effetti speciali di oggi ("Démolition d'un mur", dove appare Auguste). Piacevano anche le scenette comiche (come "Le jardinier et le petit espiègle" conosciuto anche come "L'arroseur arrosé", da alcuni considerata la prima fiction, perché i personaggi avevano dovuto recitare una parte) e quelle di vita quotidiana ("Repas de bébé", dove viene ripreso Auguste e la moglie che danno da mangiare al proprio figlio, o "Partie d'écarte" dove appare il padre Antoine e che si ispira al quadro di Cezanne "Giocatori di carte"). I filmati avevano sempre una buona qualità fotografica ed anche un sicuro gusto compositivo (si veda ad esempio "Barque sortant du port") grazie all'esperienza fotografica che era patrimonio di famiglia.
Il cinematografo era senza mirino, dunque le riprese (che avvenivano dopo alcuni provini necessari per correggere l'inquadratura e la messa a fuoco) erano fisse e in ogni caso il treppiedi fotografico non permetteva una rotazione della testata. Le inquadrature erano dunque prive di movimenti: oggi li definiremmo dei "totali".La camera era ferma, ma i Lumière grazie agli spostamenti di oggetti o persone secondo linee dinamiche accurate, garantivano un minimo di mobilità dell'inquadratura.
Dopo la visione di questi brevi filmati (50 secondi), seguiti sempre da grandi applausi, grida e commenti, la sala veniva svuotata, e gli spettatori che aspettavano fuori in fila riempivano di nuovo il locale. I filmati erano senza titolo, che veniva annunciato dall'operatore mentre montava la nuova pellicola. La proiezione a volte avveniva anche per trasparenza, con lo schermo tra il pubblico e il proiettore.
Auguste e Louis furono tentati di sfruttare l'invenzione fabbricando in serie il cinematografo, ma alla fine si risolsero ad aprire sale da proiezione pubbliche e a pagamento. La seconda sala sorse a Lyon, e poi innumerevoli altre vennero inaugurate a Parigi e in altre città durante il 1896. Molti chiedevano di comprare l'apprecchio, ma i Lumière non lo cedettero né svelarono il "segreto". Sapevano che i brevetti potevano essere facilmente aggirati e quindi decisero di muoversi in fretta per sfruttare l'invenzione. Formarono rapidamente degli operatori. E' significativo quel che dissero a uno di questi, Félix Mesguisch: "Sa, Mesguisch, quello che le offriamo non è un lavoro che abbia un avvenire, si tratta di un mestiere da fiera; potrà durare sei mesi, un anno, forse più forse meno!". Il primo fu Eugène Promio che venne spedito fuori dalla Francia per realizzare nuove "vedute". In Italia, a Venezia, sul vaporetto che attraversava il Canal Grande, ebbe l'idea di realizzare quella che alcuni considerano la prima carrellata: "pensai che se la macchina immobile poteva riprodurre oggetti mobili, sarebbe stato possibile anche invertire i rapporti e cercare di riprodurre, muovendo la macchina, oggetti immobili." Da allora si moltiplicarono le vedute in cui il cinematografo, fermo, saliva su un treno, una nave o qualsiasi altro mezzo di trasporto in movimento e filmava quel che si vedeva dietro, davanti o lateralmente.
Una cinquantina di operatori vennero inviati in tutto il mondo e in tutti i continenti, Australia compresa. Costoro erano obbligati a non mostrare l'apparecchio a nessuno e ricevevano la consegna di girare anche a vuoto la manovella per le strade delle città che visitavano in modo che la gente andasse allo spettacolo sperando di rivedersi. Gli operatori erano stipendiati dai Lumière, che fornivano loro anche materiali e pellicole in cambio del 50% degli incassi di sala. Venivano dotati dell'apparecchio, che come abbiamo visto era leggero, portatile e reversibile, e con alcuni prodotti chimici e dei secchi d'acqua potevano sviluppare da sé i film che realizzavano, preoccupandosi anche di trovare il modo di proiettarli in qualche sala. Il materiale girato andava a far parte del catalogo generale dei Lumière, che comprendeva alla fine diverse centinaia di "vedute".
La gran parte dei titoli erano "realistici" e solo una minima parte erano delle "messe in scena", cioé fiction, che venivano chiamate "scene di genere". Tra quelli realistici, oltre ai film ad effetto, si sviluppavano temi come scene militari (parate, ecc.), uscite dalla messa, e poi viaggi in Francia e all'estero e scenette comiche.
Dal 1897, quando la febbre del cinematografo accennò a diminuire, i Lumière decisero anche di cominciare a commerciare gli apparecchi.
Un problema che i Lumière dovettero affrontare fu quello della concorrenza. Negli USA i Lumière sbarcarono nel giugno 1896 con trionfale successo, ma già dal 1897 Edison intraprese contro di loro
una durissima guerra commerciale. Edison riuscì a far sequestrare i materiali degli operatori che furono costretti letteralmente a fuggire nel luglio dello stesso anno. In
Germania, d'altro canto, i Lumière agivano in concorrenza con le proiezioni dei fratelli Skladanowski.
Ma non c'erano solo questi problemi. I Lumière non seppero affrontare il passaggio del cinematografo da strumento da fiera, buono per stupire, a strumento di un nuovo linguaggio. Questa fu la ragione principale dello scemare, dopo il 1898, del'interesse del pubblico nei confronti del cinematografo. La gente aveva smesso di stupirsi di vedere proiettate le immagini della propria vita quotidiana. In Inghilterra, uno dei pionieri del cinema, Robert Paul commentava: "il pubblico ha visto fin troppi treni, tram e autobus. E tranne alcuni film il cui humour è troppo francese per poter piacere ai britannici si può dire che finora non si sono minimamente sfruttate le possiblità della fotografia animata per far ridere, piangere o sbalordire". In effetti Robert Paul era egli stesso un inventore e nel 1896 mise a punto una cinepresa e un proiettore che funzionavano con una croce di malta invece che con griffe (la croce di malta sarà poi il meccanismo definitivamente adottato per i proiettori), un suo film del 1901 (The countryman and the cinematograph) dileggiava uno spettatore che si spaventava vedendo la proiezione di un treno venirgli addosso. Realizzò poi filmati umoristici tra i quali anche "Come along, do!" del 1898 che è considerato il primo esempio di montaggio perché ad una scena dove si vede una anziana coppia fuori da una galleria d'arte, ne segue un'altra dove si mostra l'interno con il marito incantato ad osservare una statua di un nudo (questa seconda parte è andata perduta).
Così una dopo l'altra le sale dei Lumière sparirono, e a Parigi ne rimasero un paio. La sala del Grand-Café chiuse nel 1900. Il cinema conosceva la sua prima grande crisi. L'unico operatore che restò in servizio coi Lumière fu Promio. Nel 1908 si sbarazzarono della loro ultima sala prima di cedere il reparto apparecchi a Charles Pathé, il produttore che utilizzò il nuovo mezzo per "far ridere, piangere e sbalordire", contribuendo a superare la crisi e affermando nel mondo l'egemonia francese in campo cinematografico che durò sino alla vigilia della prima guerra mondiale.
Gli stessi fratelli Lumière dichiararono: "Dal 1900 le applicazioni del cinema si sono orientate verso il teatro basandosi sempre più sulla messinscena, siamo quindi stati costretti ad abbandonare questo tipo di sfruttamento per il quale non ci sentivamo prepararati."
I Lumière si dedicarono ad altro. L'applicazione che li appassionò di più fu quella della fotografia a colori. Brevettarono nel 1903 un procedimento che chiamarono "autocroma" e che si diffuse dal 1907 perdurando una trentina d'anni. I risultati cromatici ricordavano molto da vicino alcune opere del puntinismo. Sino al 1914 era l'unica maniera di realizzare riproduzioni a colori.
Durante la prima guerra mondiale (durante la quale morì Édouard, il fratello più piccolo, pilota d'aviazione) gli stabilimenti Lumière, dopo aver subito vari riassetti societari, servirono alla produzione di guerra, ad esempio nei campi della radiografia e delle medicazioni, anche con nuove invenzioni (la benda Lumière, che non si attaccava alla piaga; le mani prensili per gli amputati, ecc.), che culminarono nella costruzione di una clinica di loro proprietà.
Una serie di lutti minerà l'energia dei due fratelli: la figlia di Auguste venne uccisa dall'influenza spagnola e a Louis morì la moglie nel 1923, e anche per questo si trasferì a Parigi. La collaborazione dei due fratelli, che da ragazzi si erano giurati di lavorare insieme tutta la vita, si avviava al termine.
Louis proseguì negli studi sulla fotografia, tra cui un dispositivo per proiettare foto panoramiche (il fotorama) e nel 1932 un proiettore per "film in rilievo", antesignano del cinema 3D, che non ebbe molta fortuna. Morì nel 1948. Auguste si dedicò alle ricerche mediche finché morì, nel 1954. Usava dire negli ultimi tempi: "sono arrivato alla fine della pellicola..."
L'azienda Lumière non sopravvisse alla forza delle multinazionali statunitensi e le varie linee di produzione e i vari prodotti sparirono o furono assorbiti dalla Ciba e dalla Ilford, che però dal 1983 decisero di non utilizzare più la parola "Lumière" in alcun prodotto. Di "Lumiére" oggi rimane solo un vino, lo Château-Lumière, a suo tempo creato dal padre Antoine.