"L'uomo con la macchina da presa" ("Chelovek s kino-apparatom", il manifesto che lo pubblicizzava era opera dei fratelli Sternberg, 1929) è stato realizzato nel 1929. In quell'anno lo stalinismo era pienamente affernato in URSS sul piano politico, ma non aveva ancora esteso il suo controllo in ambito artistico (le associazioni libere di artisti saranno chiuse tre anni più tardi, il realismo socialista sarà ufficialmente varato nel 1934). Questo film costituisce dunque una delle ultime espressioni dell'avanguardia cinematografica sovietica, il gruppo di cineasti che appoggiò la rivoluzione del 1917 e che avevano cercato anche di rivoluzionare il campo dell'arte, prima che venisse soffocata dallo stalinismo. "L'uomo con la macchina da presa" si pone in netta antitesi con tutto quello che era stato "cinema" sino a quel momento, si colloca anche "oltre" le già ardite sperimentazioni di Ejzenstejn. Vertov si dichiarava contro il cinema "nicotina" che addormenta le coscienze, contro il cinema basato sulle "storie", sui personaggi, sulla sceneggiatura. Contro tutto ciò che è "messa in scena" di tipo teatrale. La vita va colta "al volo", così com'è, non va chiesto alla gente di mettersi in posa, di recitare, va ripresa nella sua quotidinaità. Al "cinedramma" Vertov contrappone il "cineocchio".
Come era tipico del periodo, nel film si esalta tutto ciò che è progresso tecnologico. Con la sensibilità di oggi può sembrare paradossale esaltare la ciminiera e la catena di montaggio come simboli di progresso. Ma l'URSS era un Paese ancora fondamentalmente contadino, la politica della NEP aveva solo da poco sollevato una situazione economica che era arretrata di decenni nel corso della guerra civile. Un deciso salto verso l'industrializzazione era dunque una necessità vitale che avrebbe consentito all'Unione Sovietica di raggiungere i Paesi occidentali anche sul piano del benessere della popolazione. Vertov inoltre è sempre molto attento nel mostrare che la macchina della produzione funziona per un diretto intervento delle persone. Ogni tecnologia ha qualcuno che la mette in moto. Sono mostrati operai, non dirigenti, nell'ottica marxista per cui sono i lavoratori a produrre la ricchezza della società.
"L'uomo con la macchina da presa" presenta una tipologia compositiva in linea con il gusto fotografico delle avanguardie russe (vedi Rodchenko); un montaggio antinarrativo che è esemplificativo della riflessione dei cineasti del periodo dai tempi di Kulesov in poi: la giustapposizione di due inquadrature deve far sorgere un "terzo" significato, nella mente dello spettatore; infine una struttura narrativa finalizzata a due obiettivi: mostrare una società pur contraddittoria ma in crescita, in movimento e allo stesso tempo, e soprattutto, offrire una riflessione sul fare cinema. E' uno dei pochi film, e sicuramente il primo, che descrive un evento con mezzi cinematografici e allo stesso tempo ci dice anche come è stato realizzato. In questo modo Vertov è sicuro di rendere lo spettatore consapevole che quello che sta guardando non è "oggettivo", non è magia e non è nemmeno qualcosa al di fuori del suo mondo e della sua quotidianità. Di seguito proponiamo una serie di fotogrammi che aiutano a scomporre il film nella sua struttura narrativa.
La struttura narrativa di "L'uomo con la macchina da presa" si articola intorno a cinque unità:
1. Al cinema. Dove si mostra il pubblico che entra nella sala, ancora con le vecchie abitudini alienanti di visione. Sino al 5° minuto.
2. La città dorme. Dove si alternano sequenze che mostrano una città che ancora non si è svegliata. Dal 5° al 10° minuto.
3. La città in movimento. Dove viene mostrata tutta la parabola che porta il corpo cittadino dal risveglio alla piena attività. Dal 10° al 43° minuto.
4. La città si diverte. Una serie di sequenze mostrano le persone che, una volta terminate le attività lavorative, si rilassano e si incontrano. Dal 43°al 60° minuto.
5. Ritorno al cinema. Dove si mostra lo stesso pubblico dell'inizio che si diverte guardando sullo schermo le immagini che abbiamo visto nel corso del film. Dal 60° al 67° minuto.
Come si vede la struttura narrativa dimostra che il contenuto principale del film è una riflessione sul cinema. Se fosse stata la semplice illustrazione di una giornata "sovietica", l'ultima parte sarebbe stata dedicata al giorno che finisce, giunge la notte, e la città torna a dormire. Invece lo sviluppo narrativo inizia e si chiude con la sala cinematografica e il suo pubblico, e senza dar vita ad una struttura ciclica: gli spettatori che erano entrati all'inizio sono diversi da quelli che vediamo alla fine. Sono, secondo l'autore, più consapevoli.
Dove si mostra il pubblico che entra nella sala, ancora con le vecchie abitudini alienanti di visione. Sino al 5° minuto.
Secondo Vertov il cinema "nicotina" si basa sulla menzogna: nasconde il dato tecnico della ripresa, del montaggio, della distribuzione, perché deve illudere lo spettatore, farlo entrare in una specie di sogno. Questa finzione va smascherata. Per questo sin dalle prime immagini Vertov mostra tutto il dispositivo classico della visione cinematografica, lo"scopre", dichiara apertamente il proprio fine. Non a caso la prima inquadratura mostra l'uomo con la macchina da presa sopra un'altra macchina da presa, per rendere chiaro da subito una delle finalità del film: realizzare un film sui film, un discorso sul cinema. Per desacralizzare il cinema si deve conseguire un distacco critico del pubblico, evitare la sua immedesimazione. Quello che riempie la sala è un pubblico abituato alla passività, agli automatismi: per questo i sedili si abbassano da soli, e gli spettatori non se ne meravigliano. Istanti di attesa, poi le luci si spengono. Parte la pellicola e l'orchestra può cominciare a suonare.
Dove si alternano sequenze che mostrano una città che ancora non si è svegliata. Dal 5° al 10° minuto. Si alternano una serie di immagini che ci mostrano una città che ancora non si è svegliata. La gran parte sono scorci di città e persone che poi, successivamente, vedremo in attività: negozi, carrozze, macchine, strade... Le persone che dormono sono riprese attraverso particolari, perché non si vuole farne dei "personaggi". Vertov non si fa problemi anche a riprendere dei poveri che dormono per strada, verità che il "realismo socialista" successivamente impedirà di mostrare. Alcuni palazzi sono ripresi inclinando la macchina da presa. L'uomo con la macchina da presa sale su un'auto e comincia a riprendere. Si ferma sulle rotaie all'arrivo del treno, simbolo di velocità e modernità. Si alternano a quel punto brevissimi frammenti del treno in corsa, un aumento del ritmo che preannuncia la nuova unità narrativa dedicata al risveglio.
Dove viene mostrata tutta la parabola che porta il corpo cittadino dal risveglio alla piena attività. Dal 10° al 43° minuto.
La città si sveglia. Le immagini del treno in velocità si alternano a quelle di una donna che si alza dal letto e si veste. I mezzi di trasporto cominciano a funzionare. La città si popola. Dal 10° al 15° minuto.
L'uomo con la macchina da presa viene filmato con una carrellata a seguire mentre attraversa un mercato. Seguono inquadrature che descrivono, insieme al traffico, anche l'apertura dei negozi.
Una serie di sequenze mostrano le persone che, una volta terminate le attività lavorative, si rilassano e si incontrano. Dal 43°al 60° minuto.
La produzione cessa, le macchine si fermano, l'uomo con la macchina da presa continua a riprendere, i lavoratori possono riposarsi. Una sequenza mostra gente sulla spiaggia. Un attivista realizza un giornale murale.
Vengono riprese delle persone che fanno sport. Non diviene una occasione per sottolineare la perfezione dei corpi, come accadrà nella successiva cinematografia di stampo stalinista. Viene privilegiato il movimento dei corpi, non la loro costituzione e il montaggio alterna gli allenamenti ai primi piani di spettatori che sorridono, in modo da sottolinearne l'aspetto del divertimento, più che dell'esibizione. Diverse inquadrature sono rallentate per sottolineare il distacco dalla precedente unità dedicata alla velocità e alla produzione.
Dove si mostra lo stesso pubblico dell'inizio che si diverte guardando sullo schermo le immagini che abbiamo visto nel corso del film. Dal 60° al 67° minuto.
Un treppiedi si muove per conto proprio mentre la macchina da presa si monta da sola, mentre il pubblico in sala, la stessa che avevamo visto all'inizio, si diverte. La macchina da presa diventa una sorta di robot buffo, completamente desacralizzato, semplice.
In un montaggio sempre più rapido vengono alternate immmagini di un ballo, della città, dell'uomo con la macchina da presa. Cinema e vita si compenetrano. Per aumentare il ritmo lo schermo viene tripartito poi quadripartito. Un rapidissimo montaggio mostra molte inquadrature che abbiamo già visto nel corso del film, ma qui velocizzate e alternate ai primi piani degli spettatori. Poi vengono velocemente mostrati in più riprese gli occhi della montatrice, la luce della proiezione nella sala e, infine, l'occhio che guarda in sovrimpressione attraverso il diaframma. Il diaframma si chiude, ma l'occhio rimane aperto. Il film è finito, ma non la maniera nuova di guardare il mondo.
Michele Corsi