LE FUNZIONI DELLA LUCE


La funzione percettiva


In questa sequenza di "Apocalypse Now" (r. di Francis Ford Coppola, 1979, USA) vi sono una gran quantità di riprese al buio nella trincea: i soldati sono scoperti momentaneamente da diverse tipologie di luci, per poi ripiombare subito dopo nell'oscurità. 



Nel corso del film "Blue" (1993, UK) si odono gli interventi di Derek Jarman e dei suoi collaboratori: il regista, vicino alla morte e ormai cieco, accompagna il sonoro con una sola e immutata inquadratura monocromatica per tutta la durata della pellicola. Ma il colore scelto, un blu oltremare, diffonde comunque una sua luce, altrimenti non sarebbe visibile, ed è quella luce, insieme al sonoro, ad esercitare sugli spettatori una ipnotica forza attrattiva.



Esistono opere audiovisive realizzate contando solo su processi che prescindono dalla presa di immagini, per esempio gli esperimenti artistici degli anni ’20 che vedevano gli autori intervenire direttamente sulla pellicola, come in alcuni passaggi di "Le retour à la raison" (r. e dir.fot.: Man Ray, 1923, FR) dove viene utilizzata la rayografia, cioé la fotografia a contatto.



La funzione spaziale


Nella prima scena de "Il Golem - Come venne al mondo" ("Der Golem, wie er in die Welt kam", r. di Paul Wegener e Carl Boese, 1920, D) si vede che la casa del rabbino  ha uno stile tipicamente espressionista. Le sue caratteristiche curve contorte sono valorizzate da proiettori collocati in posizioni opportune: imbocco delle scale, camino, finestra. 

 



In questa lunga inquadratura tratta da "La recita" ("O Thiasos", r. di Thodoros Anghelopulos, 1975, Grecia), durante l'occupazione inglese, Oreste e i suoi compagni partigiani si apprestano con l'aiuto della sorella "Elettra" a vendicare il padre ucciso dai tedeschi. Le luci visibili (quelle in scena: le finestre, i lampioni...) servono a creare atmosfera, mentre le luci fuori campo, potenti, sono posizionate di fronte ai muri in modo da esaltarne la geometria e consentire la proiezione di forti e drammatiche ombre al passaggio dei personaggi.



In questa scena di "Miracolo a Milano" (regia di Vittorio De Sica, 1951, Italia) il protagonista, ancora bambino, partecipa ai funerali della "nonna", in realtà una anziana che l'aveva trovato sotto i cavoli. I due livelli, quello surreale del corteo funebre e quello realistico della squallida periferia milanese, stanno dentro lo stesso quadro ma posizionati su due livelli differenti di tonalità: il primo è scuro e netto e il secondo è grigio. 



In questa sequenza de M - Il mostro di Düsseldorf (M - Eine Stadt sucht einen Mörder, r. di Fritz Lang, 1931, Germania) vi è una scena in cui viene rilasciata l'informazione della taglia sull’assassino (col manifesto), della presenza della bambina (col pallone che rimbalza) e dell'arrivo dell’assassino, grazie alla sua ombra proiettata che allarga virtualmente lo spazio dell’inquadratura. Dunque alludendo ad uno spazio più ampio.



In questa scena di "M - Il mostro di Düsseldorf" ("M - Eine Stadt sucht einen Mörder", r. di Fritz Lang, 1931, Germania) il serial killer è in trappola e si nasconde nell'edificio dove sarà catturato. La scena è gestita con più piani di profondità. Sull'avanpiano passano le auto, su quello intermedio c'è Beckert e sullo sfondo alcuni passanti. Questa profondità garantisce una incisiva chiarezza nello svolgimento dell'azione, anche grazie all'illuminazione diversamente intensa sui diversi piani (sempre più chiara verso lo sfondo).



Jack lo Squartatore si aggira per le strade di Londra.  Se la figura è sull'avanpiano l'illuminazione permette di staccarla nettamente da uno sfondo confuso anche se vicino, se arretra diventa una sorta di ombra. L'ambiente nebbioso in generale appiattisce , ma è possibile comunque suddividere lo spazio in più piani di profondità illuminando ogni sezione in modo diverso. Da "Lulù" ("Die Büchse der Pandora", r. di Georg Wilhelm Pabst, 1929, Germania).



In questa scena tratta da "La recita" ("O Thiasos", r. di Thodoros Anghelopulos, 1975, Grecia) in cui Elettra viene rapita da due agenti la camera si ferma su una composizione la cui profondità è disegnata dalla luce. Due spazi si susseguono: l'avanpiano vuoto illuminato da una luce proveniente da fuori, una lampadina e un finestrotto, e lo sfondo rischiarato, così si fa intendere, dall'illuminazione stradale.



In questa scena tratta da "Apocalypse Now" (r. di Francis Ford Coppola, 1979, USA) grazie  alla luce vengono creati diversi piani di profondità. Sull'avanpiano il gruppo intorno al colonnello Kilgore è schiarito da luci dirette, nascoste dietro e davanti ai fuochi, che apparentemente illuminano la scena. Sullo sfondo  un illuminatore forte, diretto verso la camera, ma la cui luce viene dispersa dal fumo, è il maggior responsabile della creazione di uno sfondo molto ricco, in cui le figure mobili vengono definite in controluce. I fuochi accesi in lontananza servono a dare colore e profondità, ma non illuminano le comparse.



La funzione temporale


"Gente comune" ("Ordinary People", r. di Robert Redford, 1980, USA) racconta di una famiglia provata dalla scomparsa di uno dei due figli. L’altro soffre per i sensi di colpa e inizia un percorso con uno psicanalista. Ognuno dei sei incontri si svolge in un momento diverso del giorno (le stanze sono dei set). 

 



La funzione drammaturgica


L'illuminazione della scena in cui finalmente il protagonista  incontra Kurtz in "Apocalypse Now" (r. di Francis Ford Coppola, 1979, USA) è fortemente contrastata. Lo spazio di Kurtz è disegnato da un taglio di luce che lui attraversa, illuminandosi, solo quando si sporge in avanti. In questo modo è rappresentato visualmente un uomo che anche metaforicamente viene dall'oscurità e non se ne distacca se non per alcuni istanti. 



In questa scena tratta da "Quarto potere" ("Citizen Kane", r. di Orson Welles, 1941, USA) sono presenti Kane e un politico suo concorrente che ha rivelato alla moglie la sua relazione extraconiugale, e le due donne coinvolte. La  prima inquadratura si stabilizza su una composizione che guida l'attenzione verso Kane, che rimane in ombra, sulla difensiva. Nella terza avanza ed esce dal cono d'ombra esibendo un ego che non riesce a trovare limiti. 



In questa scena di  "Gilda" (r. di King Vidor, 1946, USA)  la luce riproduce il punto di vista soggettivo del protagonista. Ai suoi occhi, Gilda è un personaggio ambiguo, da cui si è sentito tradito -e dunque il volto della donna è immerso nell’ombra- ma continua a sentirsene attratto. Per questo il lento incedere di lei avviene con il corpo e la chioma ben illuminati. Solo quando lui alla fine cede, riconoscendo il proprio sentimento, il volto della protagonista si schiarisce e il controluce che prima le bagnava i capelli ora le contarna il viso. 



Scena da "Dies irae" ("Vredens Dag" di Carl Theodor Dreyer, 1943, DK) in cui i due amanti clandestini hanno un colloquio teso. Lui sospetta che lei sia una strega.  Si tratta in ambedue i casi di profili in Primo Piano. L’unica differenza è che le luci che li illumina sono posizionate in modo tale da schiarire completamente il volto di lei, mentre gli occhi di lui rimangono in ombra. E ciò contribuisce a darne un'impressione sinistra, pilotando la simpatia del pubblico verso chi, anche luministicamente, sembra innocente.



"Rosemary’s Baby" (r. di Roman Polanski, 1968, USA)  è quasi tutto girato in un set. Ogni stanza ha una sua atmosfera luministica. Nella cucina c’è una luce allegra, brillante: è il luogo dove Rosemary si sente al sicuro. La stanza del bambino (futuro demone) è sempre cupa, la dominante è bluastra. Il corridoio, luogo di comunicazione con un esterno minaccioso, è sempre scuro. L’appartamento del vicino, a capo della congregazione satanica, sembra che sia illuminato solo da candele e practical  così da giustificare una dominante rossastra.



In questa scena di "Banditi a Orgosolo" (r. di  Vittorio De Seta, 1961, Italia)  ai due pastori stanno morendo tutte le pecore. I personaggi sono  inquadrati, scuri, come macchie sulla collina aspra, che richiama la natura contro la quale  quotidianamente devono lottare, mentre si allontanano tra i corpi delle loro pecore il cui chiarore è esaltato dalla luce mattutina. Sopra di loro il rapace attende il suo momento.



In questa scena tratta da "La recita" ("O Thiasos", r. di Thodoros Anghelopulos, 1975, Grecia) un long take riprende la rappresentazione teatrale. Facendo ricorso a suoni off e semplici effetti di illuminazione, l'autore racconta della fuga del pubblico e dell'arrivo dei primi bombardamenti della seconda guerra mondiale.



In "La sottile linea rossa" ("The Thin Red Line", r. di Terrence Malick, USA, 1998) prima della battaglia decisiva il sole si alza e la collina è investita in pieno dalla luce mostrando tutto il suo splendore. Così la violenza della battaglia si manifesta come uno sfregio scandaloso e insensato.  E’ un esempio di uso dissonante della luce.



La funzione compositiva


In questa scena di "Quarto potere" ("Citizen Kane", r. di Orson Welles, 1941, USA) il giornalista sta dando avvio all’inchiesta sullo scomparso Kane chiedendo i diari del suo tirannico e defunto tutore ai custodi della biblioteca a lui titolata. Il fascio di luce che entra dall’alto contribuisce potentemente all’equilibrio compositivo e allo stesso tempo allude alla incorporea e inquietante presenza di chi non c’è più. 



Da questa scena tratta da "La bella e la bestia" ("La Belle et la Bête", r. di Jean Cocteau, 1946, FR)  ha inizio la prigionia di Belle e ciò è sottolineato da una doppia illuminazione simmetrica: da un lato la Bestia che porta Belle svenuta lungo le scale e dall’altro, perché non vi siano dubbi sul destino della donna, una potente luce proietta l’ombra lunga delle grate di una prigione.



La funzione strutturante


In questa sequenza tratta da "La sottile linea rossa" ("The Thin Red Line" di Terrence Malick, 1998, USA) uno dei personaggi sta ricordando, mentre si dirige con la nave in zona di guerra, il suo vissuto con la moglie. La situazione è resa con un Primo piano di profilo mentre è sdraiato, che rimanda già di per sé ad altro lontano, fuori dal quadro. Per questo il successivo sognante flash back non giunge inaspettato, ben separato anche dalla diversa temperatura colore.



Ne "Il bacio della donna ragno" ("Kiss of the Spider Woman", r. di Hector Babenco, 1985, USA, Brasile) la storia di un prigioniero politico della dittatura brasiliana degli anni '70 e del suo compagno di cella gay, si alterna al racconto di film immaginari che permettono ai due di sognare. Il regista assegna alle due diverse linee narrative due opposte modalità di visualizzazione. Nel primo caso si rispettano i canoni del realismo, nel secondo si ricorre all'illuminazione glamour classica e a un filtraggio che vira verso il seppia o il lilla.



In "Traffic" (r. di Steven Soderbergh, 2000, USA) si sviluppano tre storyline intorno al traffico di droga, alternandosi tra loro. Ognuna è caratterizzata da scelte luministiche molto differenziate. Quella ambientata in Messico tende al giallo-verde, quella dei due agenti tende al rosso, quella del politico con figlia tossicomane al blu . In postproduzione tutta la pellicola era stata poi sottoposta ad un processo per aumentare grana e contrasto.



La funzione ritmica


Proponiamo solo lo spezzone iniziale della cruda sequenza finale di In cerca di "Mr. Goodbar" ("Looking for Mr. Goodbar", r. di Richard Brooks, 1977, USA). E' stata realizzata con una luce stroboscopica che agiva "fuori sincro" e a volte impediva che si vi fossero dei fotogrammi anche minimamente esposti. Di questo ha approfittato il montatore per tagliare e là dove c'era il nero. Così il pubblico ha la sensazione che si tratti di un piano sequenza.



Si ha un'impressione di aumento del ritmo, quando al montaggio si alternano rapidamente inquadrature con diversi livelli di luminosità, come in questa sequenza tratta da "Ottobre" ("Октябрь", r. di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn, 1928).



In questa scena di "Joker" (r. di Tod Philips, dir. fot.  Lawrence Sher, 2019, USA) la tensione non è costruita solo attraverso la recitazione e la traccia sonora, ma anche grazie alla scelta di accendere e spegnere le luci della metropolitana in modo confuso e frenetico. Il terzo omicidio e preceduto da una rapida rincorsa fuori dalla metro. La temperatura colore qui invece vira sul rosso mettendo in chiaro l'ormai nefasta consapevolezza del personaggio. Nota di Andrea Brio.



La funzione simbolica


Com'è tipico dei film religiosi, anche ne "I dieci comandamenti" ("The Ten Commandments", r. di Cecil B. DeMille, 1956, USA) il divino è rappresentato da un raggio di luce.