La fantascienza è il genere che risponde alla domanda del pubblico: "cosa potrebbe accadere in un futuro lontano?" Si distingue dal genere fantastico che invece risponde a domande sul presente e che cominciano con: "e se....?" E se esistessero i fantasmi? E se apparissero dei mostri? E se ci rimpicciolissimo? Ecc. I due generi sono vicini e alcuni film si situano su una zona di confine. Un film basato sulle distruzioni di un mostro gigantesco, appartiene al genere fantastico anche se proviene dallo spazio, perché la trama risponde non alla "domanda di futuro" del pubblico, ma ad un "se": e se irrompesse nella nostra vita quotidiana un mostro gigantesco?
La fantascienza confina anche con un altro genere: quello dei supereroi, che risponde al desiderio di seguire le avventure di un personaggio dalle doti straordinarie. Anche in questo caso poco importa se egli proviene da un altro pianeta (Superman): la sua azione, pur straordinaria, si svolge in un normalissimo presente. Infine il genere fantascientifico si differenzia dal fantasy poiché quest'ultimo è ambientato in un luogo non individuabile da alcuna cartina terrestre e in un tempo altro dove domina non la scienza, o la pseudoscienza, ma la magia.
Il genere fantascientifico e quello fantastico sono largamente debitori di due scrittori della seconda metà del secolo XIX: il francese Jules Verne (1828-1905) e l'inglese Herbert George Wells (1866-1946). Verne scrisse storie come "Viaggio al centro della Terra" (1864), "Dalla Terra alla Luna" (1865), "Duemila leghe sotto i mari" (1869) che miscelavano avventure dal sapore romantico ad una tecnologia futuristica. I suoi romanzi ebbero un successo straordinario in tutto il mondo per più di un secolo. Wells, attivista socialista, utilizzava invece le sue previsioni sul futuro per criticare le dinamiche della società in cui viveva. I suoi libri più conosciuti: "La macchina del tempo" (1895), "L'uomo invisibile" (1897), "La guerra dei mondi" (1898), "Il primo uomo sulla Luna" (1901). I romanzi di questi due autori si collocavano nel clima positivista dell'epoca, segnato dalla sostanziale fiducia nel progresso e nelle innovazioni tecnologiche. Le loro storie sono state utilizzate, pur con mille variazioni, da decine di film dei generi fantascientifico e fantastico, sino ai giorni nostri.
Il francese Georges Méliès puntava a meravigliare il suo pubblico con film pieni di effetti e trucchi e più di chiunque altro contribuì al passaggio dal documentarismo dei Lumière alla fiction. Méliès realizzò quello che è considerato il primo film fantascientico, "Il viaggio sulla Luna" ("Le voyage dans la lune", 1902), ispirato ai libri di Verne e Wells. In realtà i film di Méliès appartenevano ad un genere tutto suo, la fantasmagoria: non c'erano astronauti, ma maghi, la Luna era cosa viva, e si puntava più a far ridere che a descrivere il futuro.
Il cinema tedesco tra gli anni Venti e Trenta produsse una serie di film che in maniera cosciente utilizzavano temi e ambientazioni fantascientifiche per proporre un discorso critico in un'epoca pervasa da forti conflitti sociali. "Metropolis" (r. di Fritz Lang, 1926) stigmatizza la polarizzazione tra classi, mentre la prima parte del film "La donna sulla Luna" ("Die Frau im Mond", r. di Fritz Lang, 1929) descrive i condizionamenti degli interessi economici alla base del viaggio sulla Luna (dove una società finanziaria spera di trovare metalli preziosi). In "Il signore del mondo" ("Der Herr der Welt", r. di Harry Piel, 1934) un miliardario incarica un geniale scienziato di costruire una schiera di robot per razionalizzare il lavoro nelle fabbriche, ma lo scienziato, che segretamente coltiva il sogno di dominare il mondo, si serve delle formidabili creature meccaniche per progettare un nuovo ordine sociale fondato sull'efficienza, sulla sorveglianza e sull'obbedienza assoluta (nello stesso anno Hitler, al governo dal 1933, consolidava il suo potere).
"Metropolis" (r. di Fritz Lang, 1926).
"La donna sulla Luna" ("Die Frau im Mond", r. di Fritz Lang, 1929).
Durante gli anni Venti la prolifica cinematografia sovietica, ancora dominata dall'avanguardia artistica, aveva utilizzato ambientazioni fantascientiche per introdurre un discorso tutto politico. Nel più famoso tra questi film, "Aelita" (r. di J. Protazanov, 1924, tratto da un romanzo di Aleksej Nikolaevic Tolstoj), uno scienziato giunto su Marte s'innamora della regina di quel pianeta, Aelita, mentre il suo assistente guida la moltitudine degli schiavi marziani alla ribellione. Il film conobbe uno straordinario successo in patria, ma non in Occidente, dove fu ostacolato per ragioni politiche.
Negli USA si produsse un film fantascientifico di grande investimento "La vita futura" ("Things to Come", r. di William Cameron Menzies, 1936), ma non ebbe successo: i tempi non erano ancora maturi per la nascita del genere.
"Aelita" (r. di J. Protazanov, 1924, URSS).
"La vita futura" ("Things to Come", r. di William Cameron Menzies, 1936).
Il periodo che va dalla fine degli anni Trenta sino agli anni Cinquanta sono considerati gli anni d'oro della fantascienza come genere letterario. Un ruolo molto importante lo ebbe l'editore John Campbell, che prese la direzione della rivista "Astounding Science-Fiction", fondata negli USA nel 1930 come pulp magazine. Campbell pubblicò i lavori di scrittori quali Isaac Asimov, Arthur Clarke, Robert Heinlein. L'onda però non giunse mai in campo cinematografico, in parte per ragioni tecniche, in parte perché il clima degli anni Cinquanta era dominato dalla Guerra Fredda e da idee conservatrici, che poco si confacevano all'ottimismo positivista della fantascienza letteraria. Molti dei film USA degli anni Cinquanta che generalmente si ascrivono alla fantascienza, in realtà appartengono al genere fantastico: non si svolgono nel futuro, ma nella contemporaneità, nella quale irrompe il fattore "estraneo": il mostro o l'alieno, o tutti e due, metafora della paura del "comunista" e del possibile invasore.
Poche le eccezioni. "Uomini sulla luna" ("Destination Moon", r. di I. Pichel, 1950), descrive gli sforzi vittoriosi degli USA per vincere la corsa alla conquista della Luna: i viaggi sulla Luna affascinavano, dato che l'industria missilistica era ai suoi inizi, ma senza poter vantare ancora risultati eclatanti. Alcuni elementi della fantascienza positivista di stampo letterario si trovano in qualche altro film, ad esempio "Il pianeta proibito" ("Forbidden Planet", r. di F. McLeod Wilcox, 1956, liberamente ispirato a "La tempesta" di Shakespeare).
"Uomini sulla luna" ("Destination Moon", r. di I. Pichel, 1950, USA).
"Il pianeta proibito" ("Forbidden Planet", r. di F. McLeod Wilcox, 1956, USA).
Negli anni Sessanta-Settanta si afferma in tutto il mondo, parallelamente a forti sommovimenti sociali, un cinema più intellettuale, meno legato alle grandi case di produzione. La fantascienza è usata da una serie di autori come veicolo per discorsi di carattere esistenziale e filosofico, oppure di critica sociale e politica. Si tratta di una serie di film distopici, trattati nell'apposita pagina.
Quel pubblico è ben poco disponibile ad accettare una visione unilaterale della guerra fredda, e la corsa agli armamenti è condannata implicitamente anche nei film commerciali, che hanno come sfondo molto spesso scenari postapocalittici. "L'ultima spiaggia" ("On the Beach", r. di S. Kramer, 1959) in maniera quasi documentaristica descrive la lenta sparizione dei supersititi dopo un olocausto nucleare. “Il pianeta delle scimmie” ("Planet of the Apes, r. di F. Schaffner, 1968, tratto dall'omonimo romanzo di P. Boulle) descrive le avventure di un gruppo di astronauti che sembrano atterrare su un pianeta dominato da scimmie evolute e che li fanno schiavi, ma che in realtà si rivela nel finale essere la Terra del dopo conflitto nucleare. Con questo film per la prima volta il genere fantascientifico veniva promosso da B-movie al rango di produzione ad alto costo. Sarà seguito da quattro sequel e una serie televisiva (e vari remake negli anni Duemila). "1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra" ("The Omega Man", r. di B. Sagal, 1971) narra le vicissitudini di un sopravvissuto ad una guerra batteriologica.
"L'ultima spiaggia" ("On the Beach", r. di S. Kramer, 1959).
“Il pianeta delle scimmie” ("Planet of the Apes, r. di F. Schaffner, 1968).
I film di questo periodo, inoltre, non hanno più nulla della fiducia acritica verso il progresso che in qualche modo il genere negli anni Cinquanta ancora manteneva. Una serie di film mostrano le macchine costruite dall’uomo mentre si ribellano ai loro creatori. L'ondata di critica sociale di quegli anni non risparmia la scienza che è vissuta come qualcosa di separato dal mondo, fuori dal controllo delle persone. La critica alla tecnologia non è direttamente politica, non si incolpano i governi o la sete di profitto delle multinazionali, ma un’umanità che si è allonata da valori autentici. Il film più significativo riguardo a questa tematica è "2001: Odissea nello spazio" ("2001: a Space Odyssey", r. di S. Kubrick, da un racconto di Arthur Clarke, 1968, USA). È un film che segna una svolta epocale nel genere fantascientifico: per l'altissimo livello tecnico degli effetti speciali, la struttura narrativa inusuale, la durata, i temi. Un misterioso monolite appare a un gruppo di primati che imparono ad utilizzare alcuni strumenti a fini offensivi; secoli dopo il monolite viene rinvenuto sulla Luna; quando i raggi solari lo colpiscono, questo si attiva ed emette un potente segnale diretto verso Giove; un'astronave parte alla volta di Giove in cerca di risposte, ma il computer preposto al funzionamento della nave, Hal 9000, si ribella alla sua disattivazione (per aver commesso un errore) e decide di sterminare l'equipaggio; uno degli astronauti riesce a sopravvivere e neutralizza il computer; raggiunto Giove, l'uomo troverà il monolite che lo trasporterà oltre l'infinito, dove rinascerà in una nuova forma, con altre possibilità. In "Il mondo dei robot" ("Westworld", r. di M. Crichton, 1973, USA) lo sviluppo tecnologico ha permesso la produzione di androidi (cioè robot diall'apparenza umana): quelli che sono impiegati in un parco divertimenti si ribellano, facendo strage di umani. Un discorso a parte merita uno dei capolavori di Andrej Tarkovskij: "Solaris" (1972, URSS, tratto dall'omonimo romanzo dell'autore polacco Stanislaw Lem scritto nel 1961). Uno scienziato giunge sulla stazione orbitante intorno a un pianeta, Solaris, in cui è presente un oceano pensante che porta le persone al confronto con il proprio vissuto, materializzando paure del presente e angosce del passato; appare così la moglie morta suicida anni prima, la quale comincia ad assumere una coscienza umana.
"2001: Odissea nello spazio" ("2001: a Space Odyssey", r. di S. Kubrick, 1968, USA).
"Solaris" (r. di Andrej Tarkovskij, 1972, URSS).
La TV statunitense diede vita alla più longeva serie tv di genere fantascientifico: Star Trek con serie che hanno cominciato ad essere trasmesse nel 1966 e sono state prodotte con varie ramificazioni fino al 2020, oltre a dar vita a circa 15 film. Il grande successo di "2001: Odissea nello spazio" influenzò la produzione televisiva inglese che produsse le serie di Gerry Anderson: "UFO" (1970-71) e "Space 1999"(1975-1977).
"Star Trek" (ideato da Gene Roddenberry), l'apertura del primo episodio del 1966.
La sigla di "Spazio 1999" ("Space 1999", creato da Gerry Anderson, 1975-1977, UK).
La fine degli anni Settanta segna in tutto il mondo l’affievolirsi della contestazione antisistema, accompagnata da un ritorno di fiamma della guerra fredda e della corsa agli armamenti. Gran parte del cinema di fantascienza smette di essere veicolo di critica sociale, e si trasforma nel genere di maggior successo commerciale degli anni Ottanta, finalizzato all’evasione. Hollywood investe fiumi di denaro in film che fanno uno sfoggio sempre maggiore di effetti speciali. Il film che dà l’avvio a questa fase è “Guerre stellari” ("Star Wars", r. di G. Lucas, 1977) che avrà un successo enorme e sarà seguito nel corso dei decenni da prequel, sequel e serie TV. A dire il vero questo primo episodio (il quarto nell'ordine cronologico della saga) era molto stile "anni Settanta", dato che Lucas intendeva farne una metafora critica dell'imperialismo statunitense. Esauritasi quell'atmosfera politica, però, la saga è diventata col tempo uno spettacolo caratterizzato più che altro da molti e notevoli effetti speciali.
"Alien" (r. di R. Scott, 1979) segna il ritorno in grande stile dell’alieno crudele e privo di sentimenti, da cui gli astronauti devono difendersi. Uno degli elementi di interesse del film, segno della rivoluzione femminista che intanto aveva scosso la società statunitense, è che la protagonista è una donna (con un ruolo importante giocato anche da un attore di colore). Seguiranno molti sequel segnati però da uno stile action che intanto aveva contaminato tutti i generi. Altre franchise di successo: "Robocop" (r. di P. Verhoeven, 1987 con altri sequel) e "Interceptor - Mad Max" (r. di G. Miller, 1979 più sequel).
“Guerre stellari” ("Star Wars", r. di G. Lucas, 1977, USA).
"Alien" (r. di R. Scott, 1979, UK-USA).
Negli anni '80 però lo scontento cova sotto le ceneri. Vengono prodotti alcuni film fantascientifici con uno spirito contrarian rispetto al decennio. Per questo alcuni si guadagneranno un successo postumo, come cult, e condizioneranno la produzione degli anni '90. Sono film che, caso molto raro, influenzano la letteratura e facilitano la nascita di una cultura che verrà denominata cyberpunk. Si tratta di una corrente prevalentemente letteraria e artistica che si esprime soprattutto nell'ambito della fantascienza nella metà degli anni Ottanta. I fondatori vengono comunemente considerati William Gibson ("Neuromante", 1984) e Bruce Sterling (che ha definito il movimento "l'integrazione del mondo high tech e della cultura pop, specialmente nel suo aspetto underground"), ma si ispirano ad autori del passato, quelli legati a romanzi distopici (Bradbury, Huxley, Orwell), ma soprattutto a Philip Dick, uno scrittore sottovalutato da vivo, ma che eserciterà dagli anni Ottanta in poi una influenza eccezionale sul cinema di fantascienza. All'aspetto tecnologico legato alla genetica e all'informatica (con gli innesti artificiali per potenziare/alterare le caratteristiche fisiche o cerebrali dell'essere umano) il cyberpunk aggiunge una forte critica politica e sociale, anche se permeata di un disperato pessimismo. I romanzi cyberpunk sono ambientati in un futuro mondo decadente e ipertecnologico dove lo Stato è sparito e dominano grandi multinazionali. I protagonisti, in genere degli hacker, sono spesso degli emarginati, degli isolati, degli antieroi, in costante fuga da questa cupa realtà e si trovano spesso a muoversi in un mondo virtuale parallelo, il cyberspazio, spesso teatro delle loro battaglie.
Quattro film degli anni Ottanta sono i progenitori di questo filone: "Brazil" (r. di T. Gilliam, 1985, UK), una rivisitazione grottesca dei temi orwelliani; "1997: fuga da New York" ("Escape from New York", r. di J. Carpenter, 1981, USA); "Terminator" (r. di J. Cameron, 1984, USA) e soprattutto "Blade Runner" (r. di R. Scott, 1982, USA-HK), ispirato al racconto di Dick "Ma gli androidi sognano pecore elettriche?".
"Terminator" (r. di J. Cameron, 1984, USA).
"Blade Runner" (r. di R. Scott, 1982, USA-HK).
Negli anni Novanta la guerra fredda non c’è più. La fine dell’Unione Sovietica però, libera energia critica contro l’unico sistema rimasto, quello capitalista. A livello di massa cresce l'inquietudine verso una scienza che appare sempre più al servizio del profitto (genetica, ecc.), e nei confronti delle multinazionali, che paiono più potenti degli stessi stati nazionali. I computer hanno fatto il loro ingresso nella vita di tutti i giorni, ma nel contempo esplode il fenomeno hacker, giovani che sfidano le regole per fare di internet e dell'informatica una possibilità di liberazione e non un'occasione di profitto. Il cinema si fa in parte specchio di questo clima, diffuso soprattutto tra i giovani (e che porterà poi al sorgere del cosiddetto movimento noglobal) sorreggendosi, ancora una volta, su un precedente fenomeno letterario, che era rimasto confinato a livello di nicchia: il cyberpunk. Negli anni Novanta il cyberpunk influenza la produzione cinematografica: "Strange Days" (r. di K. Bigelow, 1995, USA), "L'esercito delle 12 scimmie" ("Twelve Monkeys", r. di T. Gilliam, 1995, USA), "Gattaca" (r. di Andrew Niccol, 1997, USA), "Nirvana" (r. di Gabriele Salvatores, 1997, IT-FR), "Dark City" (r. di A. Proyas, 1998, USA). In "Johnny Mnemonic" (r. di Robert Longo, 1995, USA) interviene come sceneggiatore lo stesso William Gibson, padre letterario del cyberpunk. La definitiva consacrazione del successo popolare del cyberpunk avviene con la serie "Matrix" ("The Matrix", 1999, USA), dei fratelli Wachowski. Divenuto in breve tempo un cult-movie, il film avrà una grande influenza anche al di fuori del genere fantascientifico.
"Johnny Mnemonic" (r. di Robert Longo, 1995, USA).
"Matrix" ("The Matrix", 1999, USA).
Gli anni Novanta segnano il trionfo degli effetti speciali, che avevano già fatto il loro ingresso negli anni Ottanta (nel 1982 "Tron" di S. Lisberger sperimenta per la prima volta la computer graphic) e dunque nel decennio hanno successo anche pellicole stile anni Ottanta, di pura evasione, come "Il quinto elemento" ("Le cinquième élément" r. di L. Besson, 1997, FR, USA) e "Minority Report" (r. di S. Spielberg, 2002, da un racconto di P. Dick).
"Il quinto elemento" ("Le cinquième élément" r. di L. Besson, 1997, FR, USA).
"Minority Report" (r. di S. Spielberg, 2002).
Gli anni Duemila hanno visto l'affermazione di tutti i generi speculative fiction e di altri confinanti, come quello dei supereroi. E dunque anche la fantascienza se ne è avvantaggiata. Si tratta di film con un forte investimento di capitali, l'intervento massiccio degli effetti digitali, la preminenza della lavorazione nei digital studios e negli studi di postproduzione. Per quanto riguarda la fantascienza gli anni Duemila hanno visto il rilancio e l'infittirsi delle puntate dei media franchise degli anni precedenti: Guerre stellari, Alien, Predator... E l'uscita di una serie di film che si sono rivelati spesso campioni d'incassi.
"Avatar" (r. di J. Cameron, 2009, USA).
"Interstellar" (r. di C. Nolan, 2014, USA-UK).
L'abbassamento dei costi di produzione di una fiction di fantascienza ha permesso la produzione negli anni Duemila di numerose serie televisive appartenenti al genere.
"The 100" (creato da Jason Rothenberg, 2014-2020, USA).
"Battlestar Galactica" (ideatore: Ronald D. Moore, 2004-2009).