del prof. Claudio Visentin
Una narrazione è un atto comunicativo che può assumere forme diverse a seconda del
contenuto (quindi del genere) e del medium della narrazione: c’è la storia, la tragedia, la commedia, la fiaba, la favola, la novella, il romanzo, il mito ecc.;
ma anche si possono raccontare le stesse storie, fiabe, romanzi ecc. attraverso un film, un fumetto, un fotoromanzo, un ciclo di affreschi, un teatro.
Se una medesima storia (es.: la storia di Giulietta e Romeo) può essere raccontata in forme e con medium diversi (novella, teatro, film, musical, fumetto … e realmente si trova
realizzata in questi medium) l’ipotesi abbastanza realistica è che vi siano strutture comuni che permettono che uno stesso contenuto possa adattarsi a forme e medium diversi. Di
questo si occupa la narratologia: studio delle forme della narrazione.
Per occuparsi di cinema, un medium specifico, che dialoga attivamente con molti altri medium narrativi (teatro, romanzo, novella, cronaca ecc.) è bene avere chiaro almeno in modo preliminare,
secondo le riflessioni sulla narrazione più recenti, quali sono le strutture di base del narrare.
Quali le componenti/strutture di una narrazione?
Uno schema: la proposta di S. Chatman, Storia e discorso – la struttura narrativa nel romanzo e nel film (Pratiche editrice, 1981).
Il piano della storia è costituito da eventi ed
esistenti.
Gli eventi possono essere azioni, cioè eventi nei quali il personaggio ha un ruolo attivo, consapevole
o inconsapevole, e avvenimenti, eventi che capitano al personaggio e che lui subisce.
Gli esistenti a loro volta sono costituiti dai personaggi di una storia e dall’ambiente in cui questa storia si svolge.
È evidente che vi sono implicazioni tra eventi ed esistenti: nella semplice frase narrativa - Mario sedusse Maria – troviamo l’enunciazione di un evento/azione, ma anche dell’esistenza
di due personaggi, Mario e Maria, e della qualificazione di uno dei due – Mario è un seduttore. Così anche la sola espressione di qualificazione di un esistente (personaggio) – Mario è un
perdente – sottintende a sua volta una serie di azioni – Mario ha perso molto e continuerà a perdere.
Il piano del discorso è costituito dalle strutture della trasmissione narrativa, alcune comuni alle diverse forme di narrazione e altre specifiche e dalla manifestazione della narrazione in un medium specifico.
Le strutture della trasmissione narrativa (il ‘come’ la storia viene narrata) presentano diversi livelli: i più importanti riguardano anzitutto lo statuto del narratore (chi è il narratore?) e quale punto di vista adotta nella narrazione (da quale/i prospettiva/e sceglie di raccontare la storia). Va tenuto presente che narratore e autore sono sempre da tenere distinti; il narratore è una finzione, non va confuso con l’autore materiale, ma è un concetto astratto, anche nel caso di vicinanza estrema quale l’autobiografia: anche in questo caso l’autore che pure racconta di se stesso, nel momento in cui narra, opera una selezione di eventi e ci offre di sé un’immagine ideale (non importa se positiva o negativa), che per quanto sincera, non coincide mai con l’autore reale storicamente determinato. Così uno stesso autore, Italo Calvino, vissuto tra il 1923 e il 1985, ha scritto più opere narrative, ma con un narratore volta per volta diverso. Per esempio nella trilogia I nostri antenati, composta da tre romanzi, i narratori sono sempre personaggi interni alle storie narrate ma diversi. Nel primo romanzo Il Visconte dimezzato, ambientato all’epoca della guerra contro i Turchi (in un imprecisato cinquecento), sceglie come narratore il nipote del visconte – protagonista; ne Il barone rampante, affida la voce narrante al fratello più piccolo di Cosimo (il protagonista) testimone della storia che si svolge nel ‘700; nel terzo romanzo Il cavaliere inesistente il narratore è Suor Teodora, che racconta la storia del cavaliere Agilulfo, vissuto all’epoca carolingia. Dunque uno stesso autore sceglie in un caso una voce narrante cinquecentesca, in un altro settecentesca, in un altro ancora un narratore femminile medioevale: in tutti e tre i casi emerge con evidenza la differenza tra narratore e autore anche attraverso la lontananza temporale tra autore e narratore.
Un altro livello riguarda gli atti di parola del narratore e/o dei personaggi, cioè l’espressione, attraverso le frasi, della storia. Il narratore può farsi riconoscere nel raccontare, intervenire con giudizi e commenti, rivelarci o raccontare con la sua voce pensieri, discorsi e azioni dei personaggi; oppure scegliere di nascondersi cedendo la voce solo ai personaggi della narrazione stessa attraverso il dialogo, con minimi interventi di raccordo. Si possono così ottenere due fondamentali modalità di narrazione: la narrazione diegetica e la narrazione mimetica.
Un ulteriore livello riguarda il rapporto tra tempo della storia e tempo del discorso. Infatti in ogni azione narrativa sono coinvolti due diversi tempi. Il tempo della storia riguarda lo svolgimento dei fatti nella realtà (vera o immaginaria che sia), la loro reale durata (un’ora, un giorno, una anno, più anni….), la loro sequenza cronologica. Il tempo del racconto invece riguarda in primo luogo la distanza tra i fatti che si narrano e il momento della narrazione, che può essere massima (C’era una volta…) o artificiosamente ridotta al minimo, come se i fatti si svolgessero nel momento stesso in cui li raccontiamo (con l’uso del presente narrativo, del passato prossimo e del futuro); un secondo aspetto riguarda l’ordine con cui esponiamo i fatti oggetto della narrazione, rispettando la loro corretta sequenza cronologica (1,2,3,4,5) oppure utilizzando gli artifici della prolessi (o anticipazione: 1,2,4,3,4,5) e dell’analessi (o retrospezione, flashback: 1,2,3,4,0,5); un terzo aspetto è relativo alla durata della narrazione: la relazione tra il tempo che impiego a leggere o raccontare i fatti (tempo del racconto = TR) e la loro reale estensione temporale (tempo della storia = TS). Esistono cinque possibili relazioni: - il riassunto o sintesi, in cui il tempo del discorso è più breve del tempo della storia (TR < TS, racconto dieci anni condensati in dieci minuti); - l’ellissi, in cui tralascio un tempo più o meno ampio della storia (quindi il TR = 0, racconto la nascita di un personaggio e poi passo immediatamente alla sua adolescenza, omettendo il tempo intermedio); - la pausa, in cui è il tempo della storia a fermarsi, per esempio nel caso delle descrizioni (quindi TS = 0); - l’estensione, in cui il tempo del discorso o narrazione è più lungo del tempo reale della storia, quasi un ralenti (TR > TS, racconto cinque minuti in dieci pagine di testo; è il caso dell’Ulisse di J. Joyce, un voluminoso romanzo che racconta una giornata); - la scena, in cui i due tempi coincidono: è il caso delle parti di racconto costituite dal dialogo o da azioni fisiche di breve durata, nel quale il tempo della lettura è simile al tempo impiegato teoricamente dai personaggi a parlare o agire.
La narrazione poi si esplicita necessariamente in una manifestazione fisica per essere trasmessa (manifestazione della narrazione in un medium specifico) che può assumere diverse forme: verbale, cinematografica, coreografica, pantomimica ecc. e tradursi in libro, film, teatro, mimo ecc.