del prof. Claudio Visentin
Non vi sono regole o formule per scrivere delle belle storie, esse possono nascere dalle situazioni o occasioni più diverse: un fatto di cronaca, un sogno ad occhi aperti, un'esperienza personale, un volo della fantasia, un'ipotesi (cosa succederebbe se...), e mille altre occasioni. Un testo ricco di suggerimenti è quello di Gianni Rodari, Grammatica della fantasia (1973). Ma una volta trovato lo spunto, la costruzione di una storia è anche frutto di un lavoro di trasformazione dell'idea di partenza in una narrazione vera e propria, che la differenzi da un diario, da una cronaca, dalla registrazione piatta di un evento, dall'esposizione di un'esperienza personale. Ciò significa riconoscere che una narrazione ha un "qualcosa" che la differenzia dagli altri discorsi: ha, o almeno pretende di avere, una sua struttura profonda che la caratterizza.
Ogni racconto, anche minimale, per essere tale segue uno schema che potremmo definire come un sistema di stasi e transizioni, cioè situazioni di partenza di equilibrio che modificate da determinati eventi danno vita a nuove situazioni destinate a loro volta a successive modificazioni fino a che il racconto non si chiuda nel suo finale. In sostanza ogni storia è composta almeno da un esordio (la situazione iniziale), da un intrigo (un elemento perturbatore, azione o incidente, che rompe l'equilibrio iniziale, e avvia uno scontro tra i personaggi), che può portare allo spannung (la situazione arriva ad essere un capovolgimento totale della situazione di partenza e il conflitto tra i personaggi arriva al massimo della tensione), fino allo scioglimento (risoluzione del conflitto) e all'epilogo (ristabilimento di una nuova situazione di equilibrio). Questa struttura è riconoscibile facilmente nei racconti classici e costituisce per lo più la macrostruttura dei romanzi. Un tale schema narrativo lo ritroviamo anche all'origine della storia del cinema, nella pellicola di Luis Lumière, L'innaffiatore innaffiato (L'arroseur arrosé, 1895): un giardiniere sta innaffiando (esordio), un monello gli schiaccia la pompa, il giardiniere si innaffia e rincorre il ragazzino (intrigo), l'uomo punisce il colpevole (scioglimento) e riprende di nuovo tranquillo il suo lavoro (epilogo). C'è già una storia, indipendentemente dal fatto che non ci siano ancora gli elementi tipici del linguaggio cinematografico: l'inquadratura è fissa ed è assente il montaggio, l'episodio è un'unica sequenza.
Dall'osservazione del semplice schema narrativo sopra ricordato emerge che è centrale in ogni storia il "conflitto', la difficoltà, l'ostacolo che sconvolge o impedisce di continuare la vita di prima o i propri progetti e l'insieme delle azioni che si mettono in atto per rimuovere tali ostacoli. Il conflitto non deve essere necessariamente esterno, ma può anche essere interno al protagonista stesso: un compito da svolgere, un obiettivo da raggiungere, un desiderio da realizzare. Quanto più in una determinata storia il conflitto particolare narrato rinvia a un bisogno profondo di ciascun uomo (il desiderio di amare o di essere amato, di libertà, di riconoscimento ecc.) tanto più la storia sarà in grado di coinvolgere il lettore o lo spettatore, anche se ambientata in luoghi e tempi lontani o incarnata da personaggi molto diversi da noi. La narrazione non è mai pura evasione; nei personaggi dei romanzi e dei film noi vogliamo trovare la nostra umanità, vivere una realtà certamente diversa, ma per illuminare in qualche modo la nostra realtà quotidiana, ritrovarci in un'esperienza che ci arricchisca e ci faccia capire qualcosa di più del mondo e di noi stessi.
La riflessione sulla narrazione naturalmente non si è accontentata di aver messo in evidenza questa struttura di base, ancora molto semplice ma funzionale, ed ha ulteriormente approfondito l'analisi delle strutture profonde del racconto con l'ambizione di riuscire a definire i meccanismi del suo funzionamento. Tra le molte teorie e analisi della narrazione, ne affronteremo due, elaborate da uno studioso russo, Vladimir J. Propp, e da uno francese, Claude Bremond, che ci consentiranno di arricchire i nostri strumenti di analisi e di produzione di storie.
Vladimir J. Propp (1895 – 1970) nel suo ormai celebre testo "Morfologia della fiaba", pubblicato a Leningrado nel 1928, si propone di studiare un genere di racconto particolare: le fiabe di magia russe. Scopre che sotto la molteplicità dei racconti c'è un unico modello o schema compositivo: le azioni, compiute dai personaggi, rappresentano degli elementi stabili e costanti, indipendentemente dalla storia raccontata e indipendentemente dalla identità dei personaggi che le compiono e dal loro modo di esecuzione. Propp definirà questa serie di azioni "funzioni': sono in numero limitato (31) e si verificano sempre nello stesso ordine e sono state da lui descritte in uno schema simile:
1. Allontanamento | Uno dei membri della famiglia si allontana da casa (per lavoro, per un viaggio, per la caccia...). |
2. Divieto | All'eroe è imposta una proibizione o riceve un ordine. |
3. Infrazione |
Il divieto è infranto (funzione abbinata alla precedente). A questo punto entra l'antagonista, il cui ruolo è turbare la pace della famiglia, provocare qualche sciagura, danno... |
4. Investigazione | L'antagonista tenta di ottenere informazioni su dove si trovino persone o oggetti; oppure è la vittima che interroga l'antagonista. |
5. Delazione | L'antagonista riceve informazioni sulla sua vittima. |
6. Tranello | L'antagonista tenta di ingannare la vittima per impadronirsi di lei o dei suoi averi. |
7. Connivenza | La vittima cade nell'inganno e con ciò favorisce involontariamente il nemico. |
8. Danneggiamento o mancanza | L'antagonista arreca danno o menomazione a uno dei membri della famiglia. (Mentre le precedenti funzioni sono preparatorie, il danneggiamento dà l'avvio all'azione narrativa vera e propria). Può presentarsi sotto una ricca varietà di forme: rapimento, trafugamento o eliminazione del mezzo magico, rovina del raccolto, scomparsa di una persona ... |
9. Mediazione, momento di connessione | La mancanza è resa nota; ci si rivolge all'eroe con una preghiera o un ordine, lo si manda o lo si lascia andare (questa funzione introduce l'eroe, che può essere di due tipi: cercatore - nelle fiabe in cui l'eroe aiuta un personaggio danneggiato; vittima quando il danneggiato è vittima e la storia ne segue le peripezie). |
10. Inizio della reazione | L'eroe-cercatore, su richiesta o autonomamente, decide di porre fine alla situazione di danneggiamento o mancanza. |
11. Partenza | L'eroe abbandona la casa |
12. Prima funzione del donatore | L'eroe è messo alla prova, interrogato, aggredito ecc., come preparazione al conseguimento di un mezzo o aiutante magico. |
13. Reazione dell'eroe | L'eroe reagisce all'operato del futuro donatore, superando in genere la prova. |
14. Conseguimento del mezzo magico | Il superamento della prova consente all'eroe di entrare in possesso del mezzo magico |
15 Trasferimento dell'eroe nello spazio | L'eroe si trasferisce, è portato o condotto sul luogo in cui si trova l'oggetto delle sue ricerche, di solito in un altro luogo molto distante in linea orizzontale, a grande altezza o profondità. |
16. Lotta | L'eroe e l'antagonista ingaggiano direttamente la lotta, in campo aperto o come competizione basata sull'astuzia. |
17. Marchiatura | All'eroe è impresso un marchio particolare o direttamente sul corpo (una ferita per esempio) o con un oggetto (fazzoletto, anello...). |
18. Vittoria | L'antagonista è vinto (ucciso, scacciato...), eliminato nella sua funzione negativa. |
19. Rimozione della sciagura o della mancanza | La situazione iniziale di precarietà (sciagura o mancanza) è rimossa. |
20. Ritorno | L'eroe ritorna in maniera immediata senza l'indicazione di una nuova funzione di trasferimento. |
21. Persecuzione, inseguimento | L'eroe è sottoposto a persecuzione. ... inseguito dal persecutore trasformato in animale che tenta di divorarlo, o in oggetti allettanti sul suo cammino... |
22. Salvataggio |
L'eroe si salva dalla persecuzione fuggendo, trasformandosi in oggetti che lo rendono irriconoscibile (con la sconfitta del
persecutore moltissime fiabe terminano). L'antagonista viene punito (30) e l'eroe si sposa (31). Ma spesso non è così e la fiaba comincia tutta da capo, dando il via al secondo movimento, una fiaba nella fiaba, una nuova serie di funzioni. |
23. Arrivo in incognito dell'eroe | L'eroe arriva al paese o a casa in incognito. |
24. Pretese infondate | Il falso eroe (di solito i fratelli) avanzano pretese infondate. |
25. Compito difficile | All'eroe è proposto un compito difficile (indovinelli prove di abilità). |
26. Adempimento | L'eroe supera il compito difficile. |
27. Identificazione | L'eroe è riconosciuto (perché ha superato la prova o per il segno di riconoscimento) |
28. Smascheramento | Il falso eroe o l'antagonista è smascherato. |
29. Trasfigurazione | L'eroe assume nuove sembianze |
30. Punizione | L'antagonista viene punito. |
31. Nozze | L'eroe si sposa e sale al trono. |
Inoltre Propp identifica 7 ruoli diversi (per i personaggi) che raggruppano 7 sfere d'azione:
1. l'eroe (può essere vittima o cercatore);
2. l'antagonista;
3. l'aiutante;
4. il donatore (che fornisce all'eroe uno strumento, spesso magico, per superare le prove);
5. la persona cercata (o anche l'oggetto del desiderio);
6. il mandante (chi dà all'eroe l'incarico di cercare o superare la prova);
7. il falso eroe (chi tenta di sostituirsi all'eroe per godere i vantaggi della vittoria);
Molti di questi termini sono ormai d'uso comune nell'analisi del racconto. Il carattere dei personaggi è un elemento mutevole: possono cambiare i loro nomi, gli attributi, ma non le loro azioni, cioè le "funzioni'; in definitiva è importante "che cosa" fanno i personaggi e non "chi" e "come" agisce, i personaggi sono definiti dalle azioni stesse.
La tesi di fondo dello studio è che le fiabe di magia affondino le loro origini storiche nei riti di iniziazione dell'età tribale e presentino, al di là dell'area culturale di appartenenza, una stessa struttura, cadenzata da personaggi che svolgono le stesse funzioni in rapporto allo svolgimento della storia.
Naturalmente il campo di indagine e di applicazione dello studioso russo era limitato, ma il fascino della sua analisi ha spinto molti altri studiosi ad applicare il suo schema ad altri racconti.
Claude Bremond (1929) riprende l'analisi proposta da Propp; in particolare ritiene valida la ricerca di una grammatica o tipologia delle azioni considerate come funzioni, archetipi dell'agire umano e quindi elemento centrale delle narrazioni. È un modello che a suo avviso può essere applicato anche nell'analisi della costruzione di qualsiasi forma di racconto, novelle, romanzi, non solo nella fiaba. Critica però la rigidità dello schema formalizzato dallo studioso russo, nel quale, come abbiamo, visto le "funzioni" hanno un preciso e immutabile ordine, mentre nella realtà concreta delle narrazioni le diverse funzioni possono trovarsi anche in un ordine differente o in combinazioni più libere, come è emerso dall'esempio di analisi della novella di Boccaccio.
Bremond osserva che un ordine obbligato delle funzioni conduce inevitabilmente il racconto verso una sola conclusione possibile; mentre nello stesso agire umano si dà una alternativa: alla funzione "divieto" non segue necessariamente quella codificata come "infrazione", ma è solo una delle due possibilità, l'altra sottointesa è quella del rispetto del divieto. Elabora così quella che chiamerà la "logica dei possibili narrativi" (che è anche il titolo di un suo saggio) nella quale ogni racconto è un insieme logico di processi. A suo avviso inoltre le funzioni individuate da Propp hanno non un ordine di esecuzione, ma dei legami di necessità o probabilità: la funzione "arrivo' presuppone necessariamente una funzione "partenza', cos“ come la funzione "salvataggio" quella di "intervento protettore"; mentre la funzione "lotta" ha solo come probabile ma non necessaria la funzione "vittoria'. In definitiva secondo Bremond le funzioni hanno tra loro delle implicazioni, dei legami che costituiscono le sequenze; le sequenze elementari sono inoltre articolate sempre in tre momenti, ciascuno dei quali offre un'alternativa:
1. una determinata situazione "apre' la possibilità di un'azione o di un comportamento;
2. si verifica il passaggio all'atto di questa virtualità, si compie l'azione;
3. il compimento dell'azione "chiude' il processo positivamente o negativamente.
Esemplifichiamo in uno schema la struttura di una sequenza semplice:
Come si vede la narrazione si struttura sempre secondo una logica binaria, nella quale diventa decisiva la scelta del/i personaggio/i, che con le sue scelte, dettate da interessi, progetti, carattere, determina il senso e la direzione della storia. Il racconto così non diventa un semplice processo meccanicistico, ma si apre alle diverse intenzionalità dei personaggi, rendendoli più complessi e più vicini alla realtà. Così la funzione danneggiamento dà vita alla seguente sequenza:
Bremond richiama la nostra attenzione sul fatto che ogni storia è frutto di azioni o eventi che rinviano a una duplice possibilità, a seconda che l'azione venga compiuta e abbia successo o che l'evento accada o venga evitato; la combinazione di questi elementi permette di costruire infinite storie e di immaginare dunque un numero illimitato di esperienze.
Un film che esplicita questa logica binaria è "Sliding doors". Il film porta in primo piano le conseguenze sul piano narrativo di una possibilità realizzata o mancata (prendere o perdere la metropolitana), ma in ogni storia è implicita questa scelta tra due possibilità, al punto che si potrebbe intervenire su ogni narrazione e riscriverla immaginando la possibilità scartata, ma implicita nella storia. Cosa sarebbe accaduto se Don Abbondio non avesse ceduto all'intimazione di Don Rodrigo e avesse celebrato il matrimonio tra Renzo e Lucia?
La proposta di Bremond in definitiva individua anch'essa una struttura profonda e costante nella costruzione delle storie, rivalutando il ruolo dei personaggi, ma conservando, in forma più libera, le "funzioni" individuate da Propp quali categorie universali dell'agire umano.
Le funzioni di Propp inoltre non sono semplici catalogazioni, ma rinviano alle esperienze tipiche ed universali, che in forma diversa, ogni essere umano affronta nel corso della sua vita; la funzione "allontanamento" per esempio può racchiudere le esperienze del distacco (dalla famiglia: uscita dalla casa paterna; dalla patria: esilio; dalla persona amata: separazione, abbandono; ecc.).
In conclusione le riflessioni di Propp e Bremond non solo ci forniscono elementi per la comprensione del funzionamento dei meccanismi narrativi, ma ci suggeriscono che la narrazione, espressa in qualsiasi forma (novella, romanzo, film, ecc.), è un'esperienza seria e per questo presente in tutte le culture fin dall'antichità: è infatti un "allenamento" con il quale l'uomo si prepara e si addestra ad affrontare la vita e a comprenderla meglio attraverso le simulazioni contenute nelle storie raccontate o ascoltate.