Esercitazione condotta in una prima dell'ITSOS Steiner, Milano, realizzata a casa con lo smartphone e commentata in classe. Settembre 2018. Docente: Michele Corsi
Gli studenti devono realizzare l'esperienza di fotografia ritratto connotativo ma con i mezzi del linguaggio audiovisivo. Con un video della durata di circa 15 secondi devono realizzare e poi montare tre inquadrature in cui descrivono un personaggio, magari lo stesso che avevano ripreso con la fotografia.
Le regole da rispettare sono le seguenti:
- solo inquadrature fisse (ma i personaggi possono muoversi)
- nessuna dissolvenza
- formato esclusivamente orizzontale
- quando si passa da una inquadratura all'altra deve cambiare in maniera significativa la grandezza scalare e/o l'angolazione.
Il compito viene assegnato a casa. Chi non ha la possibilità di montare può portare tre inquadrature video non montate riferendo l'ordine con cui dovrebbero apparire.
Per prendere confidenza con il montaggio sul piano tecnologico si sperimenta in classe il suo utilizzo con gli smartphone. Si divide la classe in gruppi di due, dove vi sia almeno uno nella coppia che possiede un cellulare in grado di montare video. Il loro compito è quello di illustrare un'azione semplice rispettando le regole di cui sopra.
Gli studenti consegnano al docente i loro video, chi con un pen-drive, chi via mail, chia via bluetooth. Successivamente si passa all'analisi in classe di tutti i lavori svolti. I primi lavori sono commentati dal docente, poi progressivamente gli studenti intervengono con le loro osservazioni. Di seguito alcuni esempi, raggruppati per problematica.
Si era chiesto di realizzare video con formato d'aspetto orizzontale. Ma il compito si è rivelato arduo. Circa un terzo degli studenti ha realizzato video almeno in parte verticali. In sé non vi è nulla di male: su internet ormai questo formato d'aspetto è accettato. Ma quando lo si deve vedere con mezzi di riproduzione orizzontali (come il videoproiettore in classe), allora gli stessi studenti notano che l'immagine è sacrificata. Alcuni poi, non avendo "settato" correttamente la ripresa, "stendono" l'inquadratura.
Autore: Angelo Addabbo, 1L. Il calcio contro il cancello è diviso su due inquadrature: si chiama attacco sul movimento, e serve proprio a rafforzare l'azione, e si studierà l'anno prossimo. Nella terza inquadratura, però, il personaggio sembra andare in direzione opposta. Per non dare questa impressione lo si doveva riprendere dall'altra parte.
Autrice: Valentina Giudici, 1H. L'autrice ha tradotto nel linguaggio audiovisivo ciò che aveva rappresentato con quello fotografico (vedi lezione 2). Qui è costretta a costruire un racconto, costituito da preparazione (la tensione è rafforzata dal ralenti e dalle mani in primo piano), sviluppo e conclusione (legati da un "quasi" attacco sul movimento e rafforzati dalla forte battuta musicale).
Autore: Filippo Rossi, 1C. E' uno dei pochi casi in cui l'uso di due formati in uno stesso video appare giustificato. Il formato verticale descrive la preparazione all'azione del personaggio, mentre quello orizzontale restituisce la visuale (orizzontale per l'appunto) del personaggio attraverso la fotocamera, enfatizzata dalla svolta musicale.
Ci sono diversi prodotti audiovisivi dove al passaggio da una inquadratura all'altra non c'è variazione di angolazione o di grandezza scalare (ad esempio i video degli youtuber) e questo accade anche in alcune scene di film (si chiamano jump cut). Si tratta però di scelte e si può scegliere solo se si conoscono più strade. Ora ci si è impegnati a conoscere la strada classica che dice: se cambi inquadratura ci deve essere sempre una ragione. Si cambia inquadratura ad esempio per vedere meglio qualcosa, oppure per sottolinearne l'importanza, oppure...
Autrice: Erica Cantani, 1C. Il filmato ci racconta della grande passione del personaggio: il pattinaggio. Gli effetti e la musica testimoniano con efficacia dell'importanza di questa attività. La seconda e terza inquadratura però sono del tutto simili. Una delle due poteva avvicinarsi di più, ad esempio, così il personaggio sarebbe stato meno anonimo.
Autore: Alessandro Russo, 1H. Il filmato racconta del fratellino piccolo e con efficacia comunica tenerezza, anche grazie alla scelta dell'angolazione dall'alto. Le inquadrature 2 e 3 però sono del tutto simili. Non vi è ragione di un taglio tra loro. Una delle due poteva essere dedicata ad un piano ravvicinato, anche da angolazione orizzontale.
Autrice: Ilaria Iannone, 1L. La prima inquadratura serve a presentare il personaggio: lo vediamo bene in volto mentre gira su se stesso. La seconda (legata alla prima da un attacco sul movimento) serve ad enfatizzare l'azione del fotografare e il volto è sacrificato. La terza ci mostra sia il risultato dello sforzo, l'immagine, sia il mezzo che l'ha prodotta.
L'esercizio consisteva nel descrivere un personaggio: una sua caratteristica comportamentale o psicologica o una sua grande passione. Si può scegliere di non mostrarne il volto. Per esempio per enfatizzare maggiormente l'attività nella quale è impegnato. Si deve essere coscienti però che il linguaggio audiovisivo dà l'opportunità di descrivere sia quell'attività che il volto di chi l'agisce. Basta dedicare loro diverse inquadrature. Si è talmente abituati a questa possibilità che quando non viene percorsa si rimane un po' stupiti. Se è l'effetto che si vuole ottenere, bene. Altrimenti è meglio presentare il personaggio "per intero", e questo vuol dire ad esempio dedicare una o più delle inquadrature ad un piano ravvicinato oppure ad una angolazione che ne faccia conoscere il volto. Per la fotografia è diverso: se non si tratta di un ritratto, e si ha la necessità di rappresentare un'azione, non sempre è necessario o possibile mostrare il volto, e della cosa nessuno si stupisce.
Autrice: Giulia Pepore, 1C. La passione del personaggio emerge con grande forza: la scherma. Di questa attività è sottolineata la fatica quotidiana, dato che vengono enfatizzate l'andata e il ritorno. Il personaggio però rimane un po' sconosciuto: l'angolazione di spalle e la maschera indossata nell'allenamento non permettono di scorgerne il volto.
Autore: Francesco Gjeloshi, 1H. Il volto è in piano ravvicinato e con una angolazione tre quarti che rimanda a ciò che sta guardando. L'inquadratura successiva è una soggettiva, mostra cioè qualcosa dal suo punto di vista. La terza conclude tornando sul personaggio con una angolazione frontale, diversa dalla prima, e una grandezza scalare (un piano intermedio) che enfatizzano il movimento.
Autore: Amir Moukrim, 1L. L'autore racconta il personaggio a partire dalla sua passione. Per sottolinearne l'importanza parte proprio da questa, celando il volto nelle due prime inquadrature e creando dunque una certa curiosità. Questa viene soddisfatta nella terza inquadratura, dove scopriamo il volto del personaggio pur nella continuità dell'azione di allenamento.
Ogni opera audiovisiva, anche la più semplice, è un racconto. E un racconto ha un inizio, uno sviluppo e un finale. Il finale è molto più importante dell'inizio, perché il termine del film è quello che rimane in testa al pubblico, gli modella l'impressione generale che l'opera gli ha suscitato. Per questo il finale deve essere sempre molto ben curato. Ne esistono di tutti i tipi, ma certamente la sua caratteristica principale è che... deve sembrare un finale. Il pubblico, insomma deve "sentire" che si è arrivati alla fine del racconto. Non può rimanere con l'impressione che ci sia stata una brusca interruzione, ad esempio.
Autore: Samuele Pascarella, 1C. Nella prima inquadratura viene proposto con efficacia un personaggio che per movenze, gestualità e mimica sembra un simpatico bulletto. La terza inquadratura ce lo mostra mentre sta per andare a canestro. Ma il montaggio si interrompe proprio mentre la palla è a metà del suo cammino...
Autore: Andrea Calabrese, 1H. L'autore ci presenta efficacemente un personaggio che pare, per postura e azioni, piuttosto annoiato. Azione e personaggio sono in buon equilibrio e l'andata a nero dello schermo terminerebbe efficacemente il film. Però alcuni frame di un nuovo programma danno l'idea di una interruzione brusca e immotivata.
Autrice: Giada Lazzarin, 1L. Iniziare il film con un ambiente vuoto va benissimo, ma il personaggio ci mette un po' troppo ad entrare in campo. Il finale invece è perfettamente coerente con le inquadrature precedenti. E' la conclusione necessaria e naturale.
Vari studenti hanno realizzato spontaneamente, o hanno cercato di realizzare, degli attacchi sul movimento. In questa playlist si trovano diversi esempi tratti da film. Un attacco sul movimento è un'azione che comincia in una inquadratura e si conclude in un'altra. Il momento esatto dove tagliare non è semplice trovarlo: se si taglia troppo sembra che ci sia un salto, e se si aspetta troppo sembra che l'azione si ripeta. Può svolgere varie funzioni, eccone alcune:
1. non far notare il taglio tra due inquadrature, dato che il pubblico è concentrato sullo svolgimento dell'azione;
2. dare importanza all'azione;
3. approfittare del taglio sull'azione per mostrare l'ambiente circostante.
Autrice: Alessia Timis, 1C. Il film descrive un'azione, quella di apporsi del mascara, scoprendo solo alla fine il volto del personaggio. Gli attacchi tra una inquadratura e l'altra non sono sul movimento, perché nessun gesto viene spezzato in due. Ma l'aver drasticamente variato angolazione e grandezza scalare dona comunque all'azione una certa fluidità.
Autore: Daniele Benzoni, 1H. Tra la prima e la seconda inquadratura c'è una sorta di attacco sul movimento (anche se si sarebbero dovuti tagliare alcuni fotogrammi per far riuscire l'attacco). Si noti che l'attacco sul movimento, pur con quei limiti, ha comunque la potenza necessaria a far dimenticare che tra la prima e la seconda inquadratura la ragazza "perde" più la giacca.
Autrice: Capangyarihan Janell, 1L. Si notino due attacchi particolarmente ben riusciti. Il primo è tra la prima e la seconda inquadratura. Si chiama attacco di continuità (un personaggio esce di campo da una direzione e rientra da quella opposta in quella successiva). Il secondo è un classico, ma originale, attacco sul movimento.
Il tema era: descrivi un personaggio, attraverso una sua passione o una sua caratteristica, ecc. Non sempre ciò è accaduto. Perché non è semplice farlo attraverso il linguaggio cinematografico. Con la fotografia è andata meglio. La ragione è che le opere audiovisive esaltano l'azione e il movimento e ciò, molto spesso, ruba l'attenzione alla descrizione e all'osservazione. Quindi si è costretti o a descrivere un personaggio attraverso un'azione (ma facendo attenzione a non far "sparire" il personaggio) oppure a moderare azioni e movimenti in modo da far emergere il personaggio.
Autrice: Erica Limetti, 1C. Il film mantiene un buon equilibrio tra azione e personaggio. Il personaggio è chiaramente visualizzato. Il film interviene con l'entrata in campo delle sue mani che cercano l'attrezzatura: possiamo supporre che prima facesse altro. Cuffia e mouse sono in buon ordine, sensazione accentuata dall'angolazione quasi a piombo. Forse si sta riposando dopo un duro impegno.
Autore: Andrea Gbessou, 1H. Il personaggio è chiaramente visualizzato e dà l'impressione di essere totalmente assorbito dall'azione: lo cogliamo col particolare delle mani che muovono il joystick. Anche grazie alla postura tesa del corpo possiamo immaginare che quella della play sia per lui una passione totalizzante.
Autrice: Jennifer Chiluisa, 1L. Il montaggio descrive con efficacia l'azione di cottura delle frittelle. Sembra essere questo il principale interesse descrittivo dell'autrice, tant'è che il personaggio è visibile in volto solo nella seconda inquadratura e senza che questo sia posto in evidenza sul piano compositivo. Ed anche la conclusione è rivelatrice.