L’angolazione verticale indica l’angolo che si stabilisce sul piano verticale tra il soggetto e la direzione dello sguardo del realizzatore d’immagine. Quando quest’ultimo osserva il soggetto dal basso verso l’alto l’angolazione si dice dal basso, in senso inverso si dice dall’alto, quando è parallela al piano del suolo si dice neutrale, quando il soggetto è visto completamente dall’alto l’angolazione si dice a piombo, in senso opposto supina.
Quando un viso è ripreso con una angolazione dall’alto può venire sacrificata la parte più mobile (dunque più espressiva) del volto, in misura proporzionale all’ampiezza dell’angolazione. La parte superiore della testa viene messa in evidenza e l’arcata sopraccigliare tende a nascondere un po’ gli occhi; il naso appare più lungo e può arrivare a coprire parte della bocca. Nelle riprese dall’alto di edifici o paesaggi vengono accentuate le linee prospettiche verso il basso, rendendo più chiara la loro struttura, in modo più neutrale rispetto a riprese dal basso che ne esaltano invece l’altezza.
In "L'eclisse" (r. di Michelangelo Antonioni, 1962, It) è in crisi con il suo fidanzato. Nella seconda inquadratura il personaggio viene marginalizzato in un angolo del quadro e schiacciato con una angolazione dall'alto in modo da comunicare il senso di oppressione provato dalla donna. Nella terza inquadratura l'angolazione dal basso, il lento scivolamento del volto verso il margine inferiore, la linea d'ombra e la lampadina che lo sovrasta, confermano il suo stato d'animo.
Una serie di clip video tratte da film con angolazioni dall'alto si trovano in questa playlist di youtube.
"Parata di lavoratori", Messico, 1° maggio 1926, di Tina Modotti. L'elemento dominante della fotografia è la moltitudine dei sobrero, copricapo utilizzato dai contadini dell'epoca. La posizione sopraelevata da cui Modotti ha scattato la fotografia permette una angolazione dall'alto che esalta il numero di quei copricapi e dunque comunica l'idea della forza e della compattezza dei lavoratori. Il fatto che siano ripresi di spalle e dunque non vengano visualizzati i volti porta l'immagine a divenire una sorta di rappresentazione di una intera classe sociale. Da notare che l'immagine è sfocata, per trasmettere meglio la sensazione di una massa in movimento.
In alcuni casi l’angolazione dall’alto aggiunge all’inquadratura un effetto emotivo. Chiunque conosce le sensazioni che si provano vedendo le persone dall’alto (bambini, malati, ecc.) e che possono variare a seconda degli individui e delle situazioni, dalla tenerezza al senso di superiorità. In ogni caso, anche per ragioni culturali, il basso è associato a una condizione di minorità. Per questo le angolazioni dall’alto possono comunicare uno stato di soggezione dell’individuo o sottolinearne lo stato di inferiorità, di oppressione o di depressione. Più spesso, tuttavia, l’angolazione dall’alto è legata a un’esigenza di informazione e descrizione, soprattutto per immagini che riprendono ampi spazi o gruppi di persone o azioni. In questo caso è un’angolazione che raffredda, ma che permette di comprendere bene ciò che accade, esattamente come nella realtà quotidiana, quando, per osservare un avvenimento, si cerca un posto più elevato per vedere meglio.
"La ronda dei carcerati", 1890, di Vincent Van Gogh. L'opera è stata realizzata mentre il pittore era ricoverato nel manicomio di Saint-Rémy. Il soggetto è tratto da un'incisione di Gustave Doré, ma riflette lo stato d'animo del pittore, tormentato dalla depressione. L'altezza è situata quattro linee di mattoni sopra la testa dei condannati e il punto di vista è ruotato verso il basso in modo da evidenziare il pavimento su cui gli uomini sono costretti a camminare. L'angolazione è dunque dall'alto. In questo modo si contribuisce a comunicare lo stato di oppressione in cui i reclusi si trovano e allo stesso tempo viene descritto il cerchio dei detenuti in tutta la sua estensione. Da notare l'"aria in testa": metà del quadro è occupato dalle mura che incombono sopra i prigionieri. Un paio di farfalle volano verso l'alto, simbolo della libertà sognata e non raggiungibile.
È interessante il confronto con la scena del cortile della prigione in cui è confinato il protagonista di "Arancia meccanica" ("A Clockwork Orange", r. di Stanley Kubrick, 1971). Kubrick sceglie un'angolazione neutrale che gli consente una costruzione simmetrica dell'ambiente e la visualizzazione della parte superiore (che comunque occupa metà dell'inquadratura, come nel quadro di Van Gogh). Da notare che l'angolazione non permette di vedere la ronda dei prigionieri nella sua estensione.
L’angolazione neutrale (o orizzontale) del viso non visualizza la parte superiore della testa né quella inferiore, e nel caso di una stanza tendenzialmente non riprende il pavimento o il soffitto. Dato che nella maggioranza dei casi gli esseri umani, quando guardano qualcun altro, adottano quest’angolazione, essa appare naturale quando viene riprodotta nell’immagine. Per questo è senz’altro la più diffusa. Si tenga presente che un’angolazione neutrale continua ad essere tale anche con un’altezza del punto di vista pari a zero, posizione adottata ad esempio per riprodurre lo sguardo di chi si trova a terra.
In questa scena tratta da “L’ultimo spettacolo” (r. di Peter Bogdanovich, 1971, USA) i due amici devono confrontarsi con il silenzioso giudizio di un tifoso della loro squadra, dopo aver dato pessima prova di sé. Il personaggio è inquadrato dal basso, per far pesare la sua maggiore autorevolezza (è adulto), l'angolazione dei due ragazzi invece è neutrale ad altezza ribassata per facilitare l'identificazione con loro.
Una serie di clip video tratte da film con angolazioni neutrali si trovano in questa playlist di youtube.
"Madre emigrante, Nipomo, California", 1936, di Dorothea Lange. Durante la Grande depressione negli USA si spostarono milioni di persone, la donna ritratta era madre di sette figli e non sapeva come sfamarli. La fotografa gestisce gli elementi dell'immagine (ne aveva scattate varie) in modo che il centro d'attenzione sia concentrato sull'espressione preoccupata della donna e sulla sua mano. I bambini sono girati in modo che non distraggano, la loro presenza però e la loro postura (sono appoggiati alla donna) accrescono la connotazione della figura principale che appare come la "Madre", con un vago richiamo a certe raffigurazioni della Madonna. L'angolazione neutrale, ottenuta con un'altezza di ripresa ribassata, facilita l'empatia e la partecipazione dell'osservatore nei confronti della scena.
"Il vagone di terza classe", 1862, di Honoré Daumier. Sull'avampiano è ritratta una famiglia povera. L'angolazione è neutrale. Questo fa sì che le fila dei viaggiatori siano schiacciate le une sulle altre. Se l'angolazione fosse stata dall'alto gli altri spettatori si sarebbero potuti vedere con chiarezza, mentre un'angolazione dal basso li avrebbe fatti sparire. Con una angolazione neutrale invece sono in campo, ma senza che ne sia chiara la disposizione, comunicando così l'idea di un forte affollamento del vagone.
L’angolazione dal basso modifica decisamente la percezione soggettiva di ciò che ci circonda. In un viso ripreso dal basso viene ridotta l’area sopra gli occhi, le narici divengono visibili, il mento acquista importanza, la linea della bocca risulta più in evidenza. Nella ripresa di edifici o di altri soggetti di dimensione superiore a quella umana l’angolazione dal basso accentua le linee prospettiche verso l’alto.
In questa scena tratta da "Vive l'amour" (r. di Ming liangTsai, 1994, Taiwan) uno dei protagonisti viene ripreso mentre assiste ad una festicciola negli uffici della loro azienda. Per rendere il senso della sua estraneità e della sua solitudine viene adottata una angolazione dal basso.
L’angolazione dal basso può produrre particolari effetti emotivi. Ogni essere umano ha passato la prima parte della propria vita a guardare gli adulti dal basso e questa posizione ha stimolato svariate sensazioni: rabbia e senso di impotenza, paura, e così via, ma anche ammirazione e desiderio di emulazione. Per questo l’angolazione dal basso di un personaggio può sottolinearne positivamente l’autorevolezza se è l’eroe buono, oppure sollecitare emozioni negative, timore o rancore se è visto negativamente.
"Napoléon traverse les Alpes", Francia, 1804 di Jacques Louis David. L'altezza del punto di vista del pittore è collocato più o meno a livello delle staffe e il personaggio è ripreso dunque con una angolazione dal basso. David divenne il pittore più rappresentativo prima del periodo rivoluzionario poi di quello napoleonico. Napoleone viene rappresentato come un eroe invincibile, la sua statura è quasi pari a quella del cavallo, la diagonalizzazione degli elementi d'insieme comunica un'idea di movimento in avanti, lo sguardo diretto al pubblico esprime determinazione e volontà di comando. L'angolazione dal basso sospinge verso l'alto il condottiero, elevandolo al di sopra del popolo-spettatore.
Il movimento di un gruppo di personaggi che si muove verso il punto di ripresa e che è ripreso dal basso tenderà a sembrare un’avanzata eroica o una tremenda minaccia, a seconda che il film li abbia precedentemente mostrati in maniera positiva o meno. Allo stesso modo, riprendendo un edificio dal basso, se esso rappresenta qualcosa di positivo o meraviglioso l’osservatore sarà portato alla contemplazione e allo stupore, se invece nel racconto gioca un ruolo negativo potrà attivare preoccupazione, sospetto, incertezza. Queste sensazioni, a parità di condizioni, sono tanto più forti quanto più l’angolazione è accentuata.
"Manifesto dell'esposizione internazionale 'Film und Foto'", 1929, Willi Ruge e Jan Tschichold. Nel manifesto vi sono due elementi dominanti: la sagoma del fotoreporter e le scritte. È proprio l'angolazione dal basso a costituire l'elemento caratterizzante della sua visualizzazione. Basti immaginare come sarebbe risultato il manifesto se l'uomo fosse stato ripreso con una angolazione neutrale. L'angolazione dal basso attribuisce autorevolezza e forza al personaggio. Dato che il suo volto non è ben visibile perché non illuminato, il manifesto esalta la figura "astratta" del fotoreporter, intesa come attività, non un fotoreporter in particolare. Sia il personaggio che la macchina fotografica "guardano" il pubblico, che dunque si trova più "in basso", conferendo all'insieme una forza da appello urgente alla partecipazione, rafforzata dall'inclinazione obliqua della sagoma e della scritta rossa.
L’angolazione dal basso viene utilizzata anche quando si vuole esaltare l’aspetto caotico e concitato di una certa situazione. Ad esempio, se per riprendere un gruppo di personaggi che si muovono in maniera non lineare li si inquadra dal basso, si trasmette senz’altro una sensazione di confusione. Quest’angolazione, come nella vita reale, non permette infatti di rendersi conto pienamente di quel che accade.
"Attacco", 1941 di Dmitri Baltermants. Questo fotogiornalista sovietico coprì le imprese dell'Armata rossa nella lotta contro i nazisti e rimase per questo ferito due volte. Le sue fotografie però vennero all'epoca spesso censurate poiché non considerate abbastanza ottimistiche. In questa fotografia l'angolazione dal basso della corsa dei soldati comunica forza, determinazione, ma impedisce anche di capire il contesto in cui avviene l'attacco.
Una serie di clip video tratte da film con angolazioni dal basso si trovano in questa playlist di youtube.
Le angolazioni dall’alto o dal basso possono servire semplicemente per segnalare la posizione più o meno elevata di un personaggio rispetto a quella di un altro: o perché più basso (o più alto), o perché sta a sedere (mentre l’altro è in piedi) o magari perché si trova in fondo alle scale e non in cima, ecc.
In questa scena tratta da "Kes" (di Ken Loach, 1969, UK) il protagonista sta cercando un suo amico. La donna gli risponde in modo poco soddisfacente. In questo caso le angolazioni dall'alto e dal basso hanno uno scopo esclusivamente descrittivo. Servono a restituire il dato di fatto che il ragazzo si trova in una posizione più bassa rispetto a quella della donna.
L’angolazione supina è un’angolazione dal basso estremamente spinta: corrisponde alla visione di chi sta sdraiato guardando verso l’alto. Se viene inquadrato un volto, questo risulta scarsamente visibile: spuntano il naso, il mento, a volte si possono intravedere gli occhi. Può servire a rendere soggettivamente il viso di un personaggio visto da un altro che è sdraiato; di per sé produce un effetto un po’ inquietante, se non è giustificato come visione soggettiva di qualcuno che è posizionato molto più in basso.
In questa scena di "L'odio" ("La Haine", di Mathieu Kassovitz, 1995, Fr) i tre protagonisti sono reduci da un brutto incontro. La panoramica circolare con angolazione supina serve a sottolineare soggettivamente le caratteristiche architettoniche dell'edificio cui i protagonisti sono completamente estranei. Il long take permette di variare l'angolazione fino ad arrivare a quella neutrale per sottolineare il silenzio e il mesto allontanarsi della successiva inquadratura di spalle.
Una serie di clip video tratte da film con angolazioni dall'alto si trovano in questa playlist di youtube.
"Scala antincendio", URSS, 1927, di Alexander Rodchenko. Rodchenko era un fotografo che prediligeva angolazioni estreme. La sua visione dell'URSS era di una società dinamica, in movimento: fotografie con inclinazioni oblique e fortemente angolate restituivano queste convinzioni. L'angolazione supina di questa fotografia dà un'impressione di forte verticalità, di una struttura che si sviluppa quasi all'infinito. Ma la presenza in controluce dell'uomo, saldamente agganciato alla scala, comunica la forte presa dell'uomo sulla materialità delle sue costruzioni.
L’angolazione a piombo inquadra il soggetto completamente dall’alto: in questo modo il viso quasi non si vede e compare solamente la parte superiore della testa. Se però l’angolazione a piombo riprende il volto di una persona sdraiata, allora essa assomiglia molto a quella orizzontale. L’angolazione a piombo è tendenzialmente fredda, perché non si riesce a scorgere l’espressione dei personaggi e nemmeno parte della loro gesticolazione. Dato però che non corrisponde a una visione naturale, se la ripresa su un personaggio non è giustificata come visione soggettiva di qualcuno, allora produce, un effetto piuttosto inquietante. Se si tratta di paesaggi naturali o di città, la visione a piombo è topografica, con l’effetto di schiacciamento dei piani. Se si riprende una strada, l’angolazione a piombo esalta il traffico e il contorno delle strade, più che gli edifici. Può indurre una sensazione di vertigine.
In questa scena di "Get Out" (r. di Jordan Peele, 2017, USA) il protagonista si ritrova in trappola. La sua condizione di totale oppressione è resa da una serie di angolazioni a piombo e supine. Gli attacchi di montaggio sono dei campo/controcampo che sembrano continuamente chiamare in causa lo spettatore.
Una serie di clip video tratte da film con angolazioni dall'alto si trovano in questa playlist di youtube.
"Senza titolo", 1963, di Larry Clark. La fotografia fa parte della serie "Tusla" che documenta la vita di un gruppo di tossicodipendenti da anfetamine. L'angolazione a piombo permette di riprendere il giovane mentre è sdraiato e l'indifferenza nei confronti del neonato che guarda in camera, cioé verso il pubblico. L'angolazione a piombo compromette i punti di riferimento: la fotografia potrebbe essere girata in ogni senso. L'angolazione inusuale e l'illuminazione dura e contrastata, oltre che la scelta del soggetto, rendono l'immagine particolarmente cruda. Da notare che la fotografia è divisa in due centri di interesse: il primo ruota intorno alla sigaretta, simbolo delle dipendenze del personaggio (il braccio che la regge e l'epressione concentrata dell'aspirazione guidano verso l'oggetto), il secondo, separato perché abbandonato a se stesso, è rappresentato dal neonato.
"L'abbraccio", 1917, di Egon Schiele. L'angolazione a piombo elimina qualsiasi riferimento ambientale (ad esempio i margini di un letto, ecc.). I due amanti dunque è come se fossero sospesi in uno spazio sconosciuto, totalmente immersi nella loro passione. L'angolazione mette in evidenza un abbraccio che vincola i due solo nella parte superiore dei corpi, mentre il resto prefigura il loro distacco. La rappresentazione dei corpi mette in evidenza l'energia dell'abbraccio, ed è rafforzata dal nascondersi dei visi, possibile, ancora una volta, grazie all'angolazione a piombo.
Si tenga sempre presente, in ogni caso, che le sensazioni suscitate dalle angolazioni non sono affatto scontate o meccaniche. Le scelte possono essere dovute a ragioni compositive oppure per mettere in rilievo la parte alta della scenografia o altro.
"Juvisy, France", 1938, di Henri Cartier-Bresson. Due coppie di lavoratori parigini ha organizzato un picnic in campagna. L'angolazione dall'alto della fotografia risponde essenzialmente a fini descrittivi e compositivi. Lo sguardo dell'osservatore "scende" dall'uomo che si versa il vino, agli altri tre personaggi più in basso fino al fiume e alla barca. La "discesa", che si conclude con la piatta tranquillità del fiume, comunica un'impressione di tranquillità e rilassatezza. L'angolazione consente anche di tenere in campo contemporaneamente le azioni dei personaggi, le loro posture e il contesto ambientale in cui sono inseriti.
Nelle prime due copertine di "Dylan Dog" (Bonelli Editore) l'angolazione supina e quella a piombo sono utilizzate in modo piuttosto classico per sollecitare nel pubblico lo stato d'animo del personaggio: nel primo la sensazione di essere osservato da chi è seppellito e nella seconda le vertigini di un possibile precipitare. La terza e la quarta copertina adottano una angolazione dal basso per ragioni diverse. La terza per sottolineare la potenza dell'antagonista e la debolezza relativa del protagonista. La quarta...
... mostra il protagonista dal basso per esaltarne la fredda determinazione e allo stesso tempo la dimensione della distruzione che si sta scatenando alle sue spalle. Nella quinta copertina l'angolazione dall'alto serve classicamente a sottolineare lo stato di sottomissione del personaggio, ma nella sesta è semplicemente la migliore angolazione per dare importanza alla passione del personaggio per la costruzione del modello di veliero.
Tavole tratte dal n.25 di "Dylan Dog", "Morgana", ottobre 1988, Bonelli Editore, soggetto e sceneggiatura di Tiziano Sclavi, disegni di Angelo Stano. Nella prima vignetta della tavola l'altezza del punto di vista è a terra. Anche se l'angolazione non è eccessiva, comunque è dal basso, così la croce sull'avampiano incombe sul disegno e viene pienamente raffigurato cielo scuro e luna piena. Le figure sul piano intermedio sono in controluce, quindi i loro volti non sono visibili. E in effetti non sono loro i protagonisti della sequenza. Le successive tre vignette mutano progressivamente l'angolazione: quasi neutrale la prima, poi dall'alto e infine a piombo. In questo modo si drammatizza l'evento e viene introdotta la sua protagonista.
La prima vignetta della tavola è una sorta di "attacco sull'asse" rispetto all'ultima della precedente: con una angolazione a piombo viene chiaramente mostrata la protagonista. Le successive quattro vignette riprendono con una angolazione supina il becchino mentre la seppellisce. L'ultima vignetta chiarisce che si trattava del punto di vista soggettivo della donna, ripresa con una angolazione a piombo e con una grandezza scalare pari alla prima vignetta. In questo modo il lettore è spinto ad una forte identificazione con la condizione del personaggio.
La prima vignetta della tavola ha un'angolazione neutrale in modo da togliere per un momento emotività all'evento e permette al lettore di capire esattamente le condizioni materiali della donna. Le tre vignette intermedie raffigurano il Primissimo piano della donna mentre si illude di stare sognando. L'ultima vignetta riprende i becchini dal basso, ma, al contrario della prima vignetta della prima tavola, sparisce il contorno ambientale. Non è più necessario infatti informare il lettore di dove ci si trovi, dato che lo sa già, mentre invece occorre smentire figurativamente la speranza della protagonista.